Ridotte da cinque - tante erano quelle già programmate - a due sole le recite fuori abbonamento della Tosca pucciniana, spostata la location dal'EuropAuditorium al contiguo Comunale Noveau, rimpiazzata la prevista messinscena di Hugo De Ana - già utilizzata a gennaio 2022 - a Bologna si chiude così la prima parte della stagione lirica 2023.
Con uno spettacolo inedito che andrà in tournée in Giappone con le maestranze felsinee nel prossimo novembre, e sarà riproposto nell'aprile 2024. Forse porre in cartellone per tre anni di seguito uno stesso titolo non pare razionale, ma tant'è.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Inatteso cambio di regia
Le sorti di Tosca son passate quindi a Giovanni Scandella. Nondimeno, lo spettacolo di De Hana proposto nella sala del Bibiena a gennaio 2022 è qui presente in parte con il lungo, medesimo tavolo dov'è imbandita la “povera cena” di Scarpia. Per il resto, le nuove scenografie di Manuela Gasperoni – non invadenti, non troppo costose, buone per viaggiare oltre Oceano - non fanno che recuperare cose già viste, come ad esempio certi barocchi fondali pittorici, oppure certe architetture viste di sghimbescio.
La regia di Scandella procede con cautela , ed asseconda scrupolosamente le didascalie del libretto – quindi Tosca pone i due candelabri ai lati del perfido Barone, il crocifisso sul suo petto – così che tutto procede liscio, senza eccessi e senza mai remare contro la musica. E questo è veramente un gran bene. Quanto ai costumi di Stefania Scaraggi, non rifuggono dai soliti clichés d'epoca. Pertinenti e carini, comunque. A conti fatti uno spettacolo funzionale e rassicurante, senza sorprese, buono per un pubblico estivo.
Un cambiamento anche nel cast
In realtà anche la protagonista in corso d'opera è cambiata: doveva essere Maria José Siri, al suo posto è giunta Carmen Giannattasio. La quale offre una figura credibile, intensa, carica di passione; una Floria dal suono morbido, rifinito, voluttuosamente sensuale e ben modulato.
Magari non sentiamo quel timbro cupo proprio del ruolo, però temperamento e senso drammatico non le mancano, dando agio di sviluppare sino in fondo il personaggio. E di porgere un accorato Vissi d'arte, vocalmente e scenicamente ben definito. Si confermano invece gli altri due protagonisti in locandina, Roberto Aronica e Ambrogio Maestri.
Un romantico pittore, uno spregevole poliziotto
Il tenore laziale porta in scena un Cavaradossi di alterna valenza, ma comunque dal bilancio positivo. E' a suo agio in un tessuto prevalentemente centrale, ma gli acuti, chiari e netti, non lo preoccupano. Fa cose buone nelle sue due arie, prese di slancio e ben cesellate; in altri momenti eccede in concitazione, il gioco di sfumature è un tantino limitato, con molta carnalità e ormoni in circolo. La sua atletica performance nondimeno prende di pancia il pubblico, che l'applaude appagato.
Alla figura del protervo Scarpia, l'imponente baritono pavese apporta la sua voce facile, ampia, sonora, che riempire senza fatica la sala del Noveau. Ma è una vocalità tenuta su di giri, sempre spinta all'eccesso, troppo «ruggente di collera e d'orgoglio», in eccesso di platealità. Latitano un vero fraseggio e le mezze tinte; e manca pure quel sottile, perfido e velenoso proceder a fior di labbra che dovrebbe accompagnare certe frasi melliflue ed insinuanti quali «Tosca divina, la mano mia la vostra aspetta...», o «Così accasciata? E allor...sedete...e favelliamo...».
Parti minori ben cantate: Paolo Orecchia è un sapido e spigliato Sagrestano; Christian Barone un convincente Angelotti; Paolo Antognetti e Tong Liu interpretano a dovere rispettivamente Spoletta e Sciarrone.
Per ultima, una direzione ammirevole
Ci piace sempre di più, Oksana Lyniv. Ci conquista anche con questa Tosca, condotta dalla minuta direttrice ucraina con estrema cura, ed in ogni momento perfettamente allineata al momento scenico. Sa ottenere il meglio dall'Orchestra del Comunale – precisa, sempre sollecita nelle risposte – plasmando la partitura in maniera ammirevole, stendendo sotto le voci un voluttuoso tappeto di suoni.
Una concertazione molto equilibrata, ponibile a mezzo tra energico impeto drammatico d'ascendenza desabatiana, e lussureggiante lirismo à la Karajan. I due capitoli fondamentali della discografia del capolavoro pucciniano.