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TU SEI AGATHA

Tu sei Agatha: il racconto di un addio

Tu sei Agatha
Tu sei Agatha

Due attori completamente nudi sulla scena per l’intera durata dello spettacolo danno voce e corpo all’incontro tra un fratello (Christian La Rosa) e una sorella (Valentina Picello), dove possono solamente abbandonarsi ai ricordi.

Esistono legami indissolubili, come ad esempio l’amore disperato tra un fratello e una sorella. Tu sei Agatha è l’adattamento teatrale di Agatha (1981), un testo di Marguerite Duras, alle cui pagine l’autrice affida velatamente il sentimento proibito che prova per il fratello Paulo, morto prematuramente nel 1942.

Nudi sulla scena

Due attori completamente nudi sulla scena per l’intera durata dello spettacolo danno voce e corpo all’incontro tra un fratello (Christian La Rosa) e una sorella (Valentina Picello), nella villa d’infanzia, un luogo ormai abbandonato, dove ora possono solamente abbandonarsi ai ricordi. Spesso parlano in terza persona, scambiandosi posizioni e ripetendo talvolta ossessivamente l’una le battute dell’altro, svelando perfino le didascalie del copione. Si tratta di una separazione difficile da accettare, ma i ruoli si confondono talmente, che a un certo punto diventa superfluo sapere chi è più consapevole del reciproco abbandono.

(Ir)rappresentabilità forzata di un amore senza nome

L’adattamento e la regia di Lorenzo Ponte hanno il pregio di non considerare il profondo legame tra i due fratelli come qualcosa di proibito, ma semplicemente un tabù, un “amore che non ha nome”, nei romanzi e anche sul palcoscenico. Eppure l’approccio registico sembra procedere nella direzione di una (ir)rappresentabilità forzata. Viene spontaneo chiedersi quanto possa giovare ai due protagonisti sfruttare pienamente l’espressività dei propri volti, in parte penalizzata da un’atmosfera intima e da un’illuminazione dello spazio che deve necessariamente tenere conto di un certo equilibrio nel focalizzarsi sui movimenti di due corpi costantemente nudi sul palcoscenico.

Perfino la presenza di un sontuoso lampadario che si illumina restando poggiato a terra (un evidente riferimento, per chi voglia coglierlo, a The Phantom of the Opera, ndr) non esalta come potrebbe l’intima intensità di un incontro di corpi che mai si toccano. L’interpretazione dei due protagonisti – per quanto intensa – non sembra discostarsi dai toni del doppiaggio cinematografico.

Visto il 09-10-2018
al Franco Parenti - Sala 3 di Milano (MI)