Lirica
TURANDOT

Rimembranze liberty sulle rive del laghetto blu

Rimembranze liberty sulle rive del laghetto blu

Eleganza e bellezza monumentale sono i tratti distintivi dell'allestimento di Turandot proposto anche quest'anno, per la regia di Maurizio Scaparro e le scene di Ezio Frigerio, a Torre del lago. Quella di Puccini è una favola che ha come riferimento il filone borghese dell'opera verista e che gioca il proprio fascino sull'utilizzo di un tono sentimentale-languido che sconfina poi in passionalità concitata. Proprio il tentativo di recuperare una dimensione novecentesca, la quale possiede della Cina un'immagine legata a un liberty dalle raffinate atmosfere, è il segno distintivo di questo allestimento che arriva a tal fine anche grazie al supporto del sapiente uso delle luci.
Nel primo atto la scena si apre sulla piazza antistante il palazzo imperiale del quale, dietro il brunito di una cinta muraria, antica e solida sui suoi grandi pilastri, si intravede il tetto verde a pagoda. Grazie all'apertura di un piccolo ponte levatoio posto sugli spalti appare e scompare per due volte la figura della principessa di gelo avvolta in uno splendido abito luccicante che ne sottolinea il portamento altero e l'algida natura. Nel secondo e nel terzo atto la scena si apre e ci mostra l'interno di questo palazzo il cui fulcro, raggiungibile mediante una doppia scalinata, è costituito da una grande vetrata art déco, dai colori cangianti, retroilluminata e inserita in una cornice lignea dai chiari richiami al modernismo di Gaudì. Molto azzeccati anche i costumi di Franca Squarciapiano: tuniche blu-grigiastre per il popolo di Pechino, colori sgargianti e splendidi copricapo per le tre maschere, vesti luccicanti e dai colori chiari per la principessa, un abbigliamento dimesso per Liù e Timur.
Una Turandot degna di nota è quella di Nila Masala, dotata di uno strumento dal bel timbro corposo, solido nel registro acuto e in grado di far fronte con la propria potenza alle sonorità orchestrali. Kyu Sung Park è un Calaf con leggeri problemi di dizione, dotato di una buona vocalità da tenore spinto, ma con una certa tendenza a cantare sempre in modo un po' uniforme, senza sfumature. Una Liù dalla vertiginosa bellezza quella di cui veste i panni Satomi Ogawa: dolce la linea di canto, buoni il legato e il controllo degli acuti; anche per lei però qualche leggero problema di pronuncia. Davvero eccellente il Timur di Enrico Giuseppe Iori, autorevole, convincente, dal timbro caldo e dalla tecnica impeccabile. Resi in modo equilibrato e non eccessivamente macchiettistico i tre ministri interpretati da Roberto Accurso (Ping), Aldo Orsolini (Pong) e Nicola Pamio (Pang) che si mostrano tutti adeguati al ruolo. Molte perplessità, invece, per l'Altoum di Massimo La Guardia dalla voce estremamente senile.
Sul podio Giampaolo Mazzoli: una bacchetta che detta tempi piuttosto diluiti e riesce spesso a contenere alcune imprecisioni dell'orchestra. Un po' artefatti i movimenti di massa del coro, il quale, nonostante l'impegno, mostra anche qualche problema di amalgama delle voci nelle varie sezioni.
Al termine dello spettacolo applausi per tutti i protagonisti. Teatro con alcuni posti vuoti.

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