Musical e varietà
TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

Se il "Suono della musica" risulta disturbato...

Se il "Suono della musica" risulta disturbato...

Il lavoro presentato al Teatro Sistina di Roma è in linea con la scelta operata già da tempo da Massimo Romeo Piparo di ripercorrere alcuni capolavori della storia del musical, proponendone rappresentazioni in parte attualizzate, forse con l’intento di renderli più fruibili al pubblico odierno. Un esperimento riuscito in tal senso é stato, ad esempio, “Sette spose per sette fratelli” – nella versione doppiata in italiano del film (diretto da Stanley Donen nel 1954) non era presente una traduzione dei brani musicali – nel quale, seppure accanto alle composizioni musicali più note comparivano canzoni nuove, si manteneva comunque una coerenza stilistica dell’insieme offrendo la possibilità di capire l’argomento di tante parti musicali cantate.

Il delicato equilibrio tra vecchio e nuovo, però, non è sempre facile da mantenere e quando si “ritoccano” opere già magnifiche si rischia di apparire presuntuosi a voler fare meglio.
Di “The Sound of Music” – questo il titolo originale della commedia musicale teatrale di Rodgers e Hammerstein, ispirata al romanzo “La famiglia Trapp” di Maria Augusta von Trapp - Robert Wise diresse nel 1956 la versione cinematografica che vinse 5 Oscar. Il compito di tradurre i testi per l’Italia fu affidato all’epoca ad Antonio Amurri (curati da lui anche quelli di “My Fair Lady” insieme a Vito Pallavicini) il quale, in effetti, lavorò un po’ di fantasia allontanandosi spesso dall’originale. Ma a quei testi, da allora, generazioni di appassionati del genere si sono affezionati e difficilmente si potrebbe cancellarne il ricordo.

Un lavoro come quello appena debuttato al Sistina, da un lato attrae l’attenzione del pubblico proprio facendo leva sulla conoscenza ed ammirazione che si nutre già nei confronti del musical originale o del film e infatti su questa “conoscenza” pregressa si fa evidentemente affidamento quando si sceglie di omettere alcune scene, presentando, ad esempio, i fratelli Von Trapp in un atteggiamento tranquillo e cordiale nei confronti della nuova governante Maria: nulla emerge di quel loro animo pestifero e ribelle che aveva fatto fuggire tante bambinaie in precedenza e non li vediamo all’opera nel praticare dispetti e scherzi (c’è solo un vago accenno riguardante una rana da non mettere nel letto di Maria).
D’altro canto, però, a quello stesso pubblico che nutre un affetto nei confronti dello storico film e dei suoi brani la compagnia chiede invece un ulteriore sforzo di attenzione e comprensione, proponendo nuovi testi, strofe e ritornelli, che vanno a sostituire (ma non per questo a migliorare) la traduzione conosciuta. È così che, ad esempio, “Le cose che piacciono a me” viene anticipato ed interpretato per la prima volta da Maria insieme alla madre Superiora e non più nella notte di temporale a casa Von Trapp dove invece si sceglie di inserire “Odelei - Il pastore che pascolava”, che era legato alla scena delle marionette; nel corteggiamento tra Rolph – interpretato da Riccardo Sinisi con suadente voce da principe azzurro - e Liesl – la bravissima Beatrice Arnera – “Quindici anni quasi sedici” (che in inglese erano sedici, quasi diciassette) diviene “Maggiorenne tra due anni”; ancora in “Addio, Ciao Ciao, Auf Wiedersehen, Goodbye” a quanto pare si deve ad ogni costo modificare persino un saluto così semplice, scegliendo “Ciao ciao, adieu…” ed altro e con il titolo mutano testi e rime.

C’è da dire poi che, se l’accoppiata Vittoria Belvedere/Luca Ward era risultata vincente in “My Fair Lady”, dove i due attori erano decisamente più centrati nei loro personaggi e la preparazione musicale non era di importanza primaria come in questo musical – c’era un solido lavoro di coreografie, il corpo di ballo era uno dei punti di forza, i brani musicali erano, da un certo punto di vista, più semplici o semplificabili per un attore che non fosse anche un cantante professionista – in “Tutti insieme appassionatamente” la magia si perde, per lasciare il posto a scene in duetto davvero desolanti che ricordano performance da saggio scolastico.
Se gli altri 15 interpreti garantiscono performance vocali impeccabili – 16 se vogliamo contare la piccola Emma Valerio, in scena con la mamma Vittoria Belvedere nel ruolo di Gretl – tanto più si nota la fatica che la Belvedere fa a tenere il tempo e l’intonazione, tutta presa a muovere vistosamente le labbra per emettere un suono di qualità migliore ma escludendo del tutto il vibrato e lanciandosi in acuti sgraziati: il confronto con le colleghe è imbarazzante, viene da fare dell’ironia quando le suore ricordano a Maria che non le è permesso cantare (sarà perché non sopportano le sue stonature?) e sembra davvero fuori luogo che sia lei ad insegnare ai bambini a cantare con “Do-Re-Mi” (anche questa completamente modificata nel testo), quando i piccoli armonizzano abilmente le loro voci, superando di gran lunga la maestra.

Le soluzioni scenografiche sono originali ed efficaci: la prima ambientazione è quella dell’austero convento; in seguito eterei fondi boschivi rappresentano le montagne tra le quali la protagonista è cresciuta e Maria compare nelle prime scene fluttuante nell’aria; la struttura mobile del Sistina consente allo spettatore di passare rapidamente dalla visuale degli eleganti interni della casa a quella del giardino esterno e del gazebo.

Visto il 09-12-2014
al Il Sistina di Roma (RM)