Non è certo facile riproporre l'ennesima versione di "Romeo e Giulietta" e Giuseppe Marini (al suo terzo incontro con il Bardo dopo "Il sogno" e "Amleto" ) affronta la sfida con coraggio e audacia uscendone tuttavia non del tutto vincitore.
Il tentativo di fare qualcosa di diverso si concretizza in scelte stilistiche spesso esasperate, seppure alcune effettivamente indovinate, ma soprattutto in un curioso congelamento della passione che invece muove, dall'odio delle famiglie all'amore incontenibile dei giovani amanti di Verona, tutto il dramma Shakesperiano.
Riesce davvero difficile farsi coinvolgere da questi due sfortunati adolescenti che si amano, in questa messa in scena, con così poco trasporto e si separano con così poco dolore (fatto salvo un emozionato finale)
Difficoltà dovute anche a una incerta e traballante scelta di un cast che da poca sostanza alle parole e appare indeciso sulle scelte registiche. I punti deboli in una decisamente piatta Giulietta e un teneramente improbabile Frate Lorenzo. Altalenati ma acerbe le prove di un Romeo troppo tonto e di una balia un po' maccheronica.
Molto affascinante e convincente, invece, spicca la prova del Mercuzio di Mauro Conte attore già sensibile e maturo per dar spessore agli splendidi versi Shaakesperiani tradotti, questa volta, con molta maestria e interessante ricerca formale e sostanziale da Massimiliano Palmese.