UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO - LA RECENSIONE. Oltre all’indiscusso valore del testo, la messinscena si distingue anche per la prova di Massimo Dapporto che, con un’interpretazione emozionale, prende per mano il resto del cast.
Un inizio più leggero e divertente e una seconda parte drammatica: Massimo Dapporto con grande intensità drammaturgica riporta Un borghese piccolo piccolo ai fasti dell’opera cinematografica diretta da Mario Monicelli e capace, nel 1977, di raccogliere grande successo sia di critica che di pubblico.
Dal romanzo di Cerami alla trasposizione di Monicelli
Il testo di Vincenzo Cerami, ambientato a Roma, segue le vicende della famiglia Vivaldi: Giovanni è impiegato del Ministero, prossimo alla pensione, mentre sua moglie Amalia è una casalinga come molte altre, frustrata e spesso invisibile agli occhi del marito. Ma c’è l’adorato Mario: il figlio paffutello e sognatore, appena diplomatosi ragioniere, orgoglio (e preoccupazione!) della famiglia che è pronta a qualsiasi sacrificio pur di assicurargli un futuro. Disposti a tutto, persino a raccomandarlo!
Un borghese piccolo piccolo è il primo romanzo di Vincenzo Cerami. Lo scrittore romano, candidato poi all’Oscar nel 1999 per la sceneggiatura di La vita è bella di Benigni, fu studente di Pier Paolo Pasolini il quale ebbe grande ascendente sul giovane Cerami esortandolo alla pubblicazione dei suoi manoscritti. Proprio Pasolini aveva promesso di occuparsi della prefazione della prima opera di Cerami, salvo non riuscirvi per via della tragica e improvvisa scomparsa. La nota della prima edizione di Un borghese piccolo piccolo, pubblicato nel 1976, fu così curata da Italo Calvino: “Dalla prima pagina il romanzo di Vincenzo Cerami ti prende obbligandoti a fissare uno sguardo spietato su un campione di società italiana quanto mai rappresentativo”.
Gli stereotipi italiani: raccomandazioni, posto fisso, massoneria e giustizia privata Giovanni Vivaldi (Massimo Dapporto), prossimo alla pensione dopo trent’anni da burocrate del Ministero, è paternalisticamente determinato affinché suo figlio Mario, neodiplomato ragioniere, possa avere la medesima carriera. Ecco il bando per duemila assunzioni, ma un temuto concorso con dodicimila partecipanti ostacolano il sogno. Così Giovanni chiede una raccomandazione al suo superiore ed ecco la soluzione: aderire alla massoneria. Dopo una ridicola iniziazione Giovanni ottiene le risposte del concorso e riesce finalmente a sentirsi realizzato: il riscatto sociale, una posizione nella fratellanza, un futuro per il figlio, il rispetto e l’amore della moglie.
Ma il destino è in agguato e, proprio la mattina del concorso, Mario verrà ucciso da un colpo vagante esploso da un rapinatore, mentre sua moglie Amalia, per lo shock, sarà colpita da un ictus. Giovanni ha perso tutto e, ritrovato quel rapinatore, diverrà uno spietato aguzzino alla drammatica ricerca di giustizia.
Grande spazio al testo di Cerami e all’ottima prova di Dapporto
La scena è suddivisa in tre diverse ambientazioni: casa Vivaldi, l’ufficio del Ministero e la baracca sul fiume, tutte curate nei minimi dettagli. L’accompagnamento musicale realizzato da Nicola Piovani è un eccezionale valore aggiunto (oltre che un omaggio all’amico Cerami con il quale aveva lavorato in La vita è bella) capace di amplificare le emozioni.
Oltre all’indiscusso valore del testo, la messinscena di Un borghese piccolo piccolo si distingue anche per la prova di Massimo Dapporto che, con un’interpretazione emozionale, prende per mano il resto del cast, nel quale spicca in particolare l’ironia di Roberto D’Alessandro e l’interpretazione di Matteo Francomano, efficaci nell’apporto di leggerezza e un filo di comicità, nella prima parte, da contrapporre poi al finale drammatico.