Con maschere che ricordano i pupazzi del Muppet Show, la compagnia Abbondanza/Bertoni trova in
Beckett, e particolarmente in Giorni felici il riferimento adatto per una riflessione sulla vita a due.
Sul prato sintetico che è immediatamente retro di american home, il ripetersi di azioni domestiche e abituali: la gestione della casa, la cura del giardino, il sesso.
A questi atti quotidiani si aggrappa il legame fra Winnie e Willie, che è esemplificazione e sintesi del legame di coppia, colto nella sua tenerezza infantile e struggente, ma anche nella sua fragilità.
La ricerca rifugge il mimetismo, ma rimane concreta anche grazie alla ripetizione del movimento attraverso cui si traduce il testo beckettiano.
Ogni azione appartiene esclusivamente al mondo creato dai due, che nella loro volontà di negazione dell’esterno, implicitamente lo sottolineano: la solitudine essenziale della danza risulta anche dal fatto che, nel loro agire, i due danzatori lasciano presupporre l’esistenza di un “fuori” possibilmente rischioso e potenzialmente infido - rispetto al quale la salvezza sta nello scegliere una chiusura presunta felice.
Da questo caparbio chiudersi e ridursi all’interno di un universo a misura di giardino risulta la delicata tristezza di Winnie e Willie.
In contrasto con le azioni mimetico/clownesche di cui il lavoro è intessuto, la “danza delle gambe e delle braccia”, sul finale, sorprende come riflessione più essenziale e astratta sulla natura del legame. Da sottolineare anche il ruolo performativo della pianista in scena, che arricchisce ulteriormente la pièce.