Prosa
UN ISPETTORE IN CASA BIRLING

Quando la coscienza bussa alla porta

Quando la coscienza bussa alla porta

Siamo in Inghilterra, negli anni’30 del 1900, in pieno sviluppo industriale. Ciò che conta agli occhi degli altri sono il denaro, le onorificenze, un vestito di pregio e la bella forma. La borghesia si fa strada tra gli aristocratici, si traveste, ne assume i gusti e ne imita le gesta. Come un’attenta gazza ladra è attratta dal lucore dei brillanti, così come dalle apparenze immacolate dei tanti “Dorian Gray” che affollano la società: la famiglia Birling non sfugge a tutto questo.

Il capo famiglia Arthur, insieme alla moglie Sybil e al figlio Eric, stanno festeggiando il fidanzamento della figlia Sheila con il ricco industriale Gerald Croft, quando arriva l’ispettore Goole per interrogarli sul suicidio di una ragazza avvenuto quello stesso pomeriggio. Al commediografo inglese J. B. Priestley sono stati sufficienti pochi tocchi da maestro per delineare il carattere dei protagonisti: il marito, un uomo pieno di sé e delle sue parole, la moglie, conquistata dai piaceri dell’agio, sempre pronta a negare l’evidenza, la figlia, discepola diretta della madre, sta imparando a mettere da parte quel briciolo di sensibilità che le rimane ed infine il figlio, un finto ribelle che implode e soccombe ad un criticismo fine a se stesso, protetto dalle ricchezze della famiglia. Sarà il laconico e sornione ispettore di polizia a metterli tutti a nudo, l’ipocrisia non li difenderà più dall’amara verità e non servirà a nascondere il loro egoismo dominante per arrivare ad un finale, quasi onirico, a sorpresa.

Inutile dire che il tema è sempre, purtroppo, attuale, ma la datazione scenica ideata da Giancarlo Sepe rispecchia l’epoca della commedia, senza però essere didascalica. Un albero ed un giardino ospitano gli arredi interni di una sala da pranzo di inizio ‘900, lampadario compreso: il “dentro” e il “fuori” si mescolano in un unico ambiente, si confondono, dando così risalto al testo e ai fatti che si svolgono in questa cornice d’incertezza data dallo scavare nelle coscienze dei personaggi. In tal modo le scelte del regista sottolineano l’atmosfera del dramma/thriller senza eccessivi astrattismi, insieme ad un linguaggio teatrale che si avvale del movimento, inteso come gesto e percorso scenico, che fissa gli avvenimenti e ne cattura l’intensità. L'unico appunto che si potrebbe muovere alla direzione artistica è la presenza assidua della musica di sottofondo, sopratutto durante il primo atto, quasi si trattasse di un film che necessita di una colonna sonora preminente.

Naturalmente l'ottima riuscita della messa in scena di quest'opera non può prescindere dal cast di bravissimi attori, con i quali due ore trascorrono come fossero pochi minuti. Si può supporre, inoltre, che ieri sera il pubblico sia accorso numeroso al Teatro Michelangelo di Modena anche per la presenza di due Maestri della recitazione come Andrea Giordana e Paolo Ferrari. Il primo s'immedesima alla perfezione in un Sig. Arthur Birling, quasi ridicolo nella sua ottusità, dalla parlata argentina e fluente, a cui si contrappone un Ferrari-Goole riflessivo, che gioca a far “parlare” le pause e i silenzi con geniale abilità.

Da segnalare le repliche di questa sera, 28 novembre, e domani sera, 29 novembre, alle ore 21,15.

Visto il 27-11-2012
al Michelangelo di Modena (MO)