Il francese, inteso come linguaggio, considera il gioco di parole talmente interessante da utilizzarlo come strumento di comunicazione anche nella pubblicità. Alessandro Bergonzoni ne ha fatto un qualcosa di talmente personale, in italiano, da essere diventato assolutamente unico sia come artista-attore-monologhista sia come scrittore. Vien da pensare che nulla da lui pronunciato possa sfuggire al gioco di parole, alla freddura l'omofonica, all’equivoco delle risonanze dialettiche, provocando negli spettatori un indefesso sforzo mentale per non farsi sfuggire il senso delle battute, visto che se le risate non arrivano per tempo, sarà lo stesso Bergonzoni a dare del distratto al suo pubblico, che si fa sfuggire le battute.
“Questa forse la capite domattina” ha detto più volte dal palcoscenico, ora quello bello e suggestivo del Teatro Elfo-Puccini di Milano, in cui le tante, piccole luci a mò di lampioncini gli servono da percorso in cui addentrarsi in alcuni momenti del suo incedere, che si svolge quasi tutto accanto, sopra e dentro un tavolo che si trasforma perfino in uno strumento di suoni e rumori, fra una battuta e una risonanza sonora. Il teatro dell’assurdo di Bergonzoni affascina ogni mente pensante e la sua apparente leggerezza, o meglio l’apparente mancanza d'impegno, difficile a esprimere usando le trame della comunicazione e ricucendole a un collage acustico. In Urge, titolo della sua ultima fatica fino al 20 marzo a Milano, trova un attimo di tregua.
Alessandro scende le scale ddel teatro partendo dal fondo della sala, indossa un completo sgualcito e nero, ha lunghi capelli grigi e un cappello pure nero che sarà poggiato a terra dopo l’introduzione al monologo e l’apertura del sipario. A un certo punto esegue un’uscita dalla performance, o forse tutto è incluso ma non sembra, per chiedere una luce diversa su di sè. In regia lo accontentano ed eccolo dire pressapoco così: “Mentre io sono qui e pure voi siete qui, vi rendete conto che a casa c’è gente che guarda quelli che parlano dai teleschermi senza davvero dire nulla, magari offendendo le nostre menti? Non credete pure voi che certi giornalisti che si rivolgono a chi ha appena saputo di una tragedia ‘ma lei come si sente?’... ecco, questi qui non andrebbero targati con la scritta ‘Incapace di comunicare, pericolo pubblico’.
L’amore per la parola, detta o scritta, è il leit motiv di questo grande artista, capace di dire che “Urge la vastità, urgono i sogni e non i bisogni: soldi, auto nuova, la barca, quelli sono bisogni... Il sogno è la verità”. Siamo noi capaci di distinguere i veri sogni dai bisogni e quanto sia vero il messaggio subliminale di Alessandro Bergonzoni? Urge capire, urge rendersi conto, urge agire o, meglio, come direbbe il protagonista, regista e autore di Urge: “L’urgenza, l’allerta, la necessità di non astenersi dal dire che bisogna travalicare i confini della normalità, vedere la vastità, andare oltre, osservare lo scoppio delle alte cariche dello stato (delle cose) può avere un significato”. Ascoltarlo, avere il coraggio e la fermezza di comprendere questi sublimi monologhi, è uno degli appuntamenti con il teatro che speriamo di non perdere mai.
Comico
URGE
Il re del calembour
Visto il
08-03-2011
al
Elfo Puccini - sala Shakespeare
di Milano
(MI)