Debutto in prima assoluta alla Biennale Teatro 2023 di Veronica su testo di Giacomo Garaffoni vincitore della Biennale College Teatro per la drammaturgia under 40 e la regia di Federica Rosellini, sicuramente una delle personalità emergenti più interessanti ed eclettiche della scena teatrale contemporanea. In scena, accanto alla stessa Rosellini, attraversano lo spazio in un costante incontro/scontro di corpi e di voci Serena Dibiase, Nico Guerzoni, Nunzia Picciallo, Elena Rivoltini.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Vuoto desolante e irrequietezza contemporanea
Veronica è tante cose e non tutte facili da definire (e forse è davvero questo il suo vero limite). Uno spettacolo mediatico, alla ricerca cioè di un continuo spazio di mediazione tra installazione, performance e concerto dove parole, suoni, rumori, tensioni corporee sembrano ciclicamente apparire e scomparire, riempendo a volte la scena con eccessiva sovrabbondanza, a volte abbandonandola ad una sorta di vuoto pneumatico.
E’ questo dunque il segno della nostra contemporaneità? Vuoto desolante cui fa eco l’irrequietezza di un paesaggio sonoro che sembra riprodurre ogni rumore che siamo in grado di udire? La seconda cifra di Veronica è sicuramente la sua epicità, il racconto prevale, la parola si assolutizza facendosi da un lato racconto, un Orfeo con dieci spose e Veronica di cui apprendiamo la morte sin dalle prime battute, e dall’altro trasformandosi in scansione giaculatoria declinata in lingue diverse.
Tutto contribuisce ad esaltare la radice ultima del teatro, ovvero la sua sacralità, le singole fasi dello spettacolo ripropongono la struttura della tragedia greca: parodo e stasimi racchiusi in un prologo e un epilogo. Sacra è anche il la centralità del lutto per la morte di Veronica, un lutto che si contrappone alla giovanile voracità delle spose e che nessuna memoria sembra essere in grado di esorcizzare.
Tra mito e free climbing
Il tentativo allora è quello di una rianimazione, richiamare alla vita il corpo amato e perduto di Veronica, riposizionarlo al centro di uno spazio evocato da rumori e suoni, ma che coniuga la profondità sonora con la verticalità, una parete per free climbing si erge infatti sul fondo e su di essa i performer si arrampicano con stili e modalità diverse, fino a quando uno di loro non riesce più a sollevarsi, sancendo così l'impossibilità concreta della rielaborazione del lutto.
Come arcaiche e al tempo stesso novelle Baccanti, nel fluire di un'identità continuamente cangiante, lo spettacolo si apre per esempio con la Rosellini che si lascia crescere la barba nera poco al di sopra dei seni nudi, i/le protagonisti/e in scena sbranano la realtà, come un tempo seppero sbranare Penteo, definendo così nuovi spazi di narrazione. Una narrazione che però, proprio in questa continua ricerca, sembra a volte smarrirsi e farsi eccessivamente criptica, probabilmente per sopperire a una scrittura drammaturgica nell’insieme piuttosto debole e che chiede di essere continuamente riempita.