Prosa
VITA DI GALILEO

C’è una grande ellisse disegn…

C’è una grande ellisse disegn…
C’è una grande ellisse disegnata sul palcoscenico dell’Argentina, su cui si affaccia il muro immenso della Via Lattea. In questo spazio irregolare si muovono tanti personaggi che ne circondano uno, destinato a rimanere solo: Galilei. Quello che conta - è sembrata dire la messinscena - non è tanto l’ambiente umano e politico in cui si è mosso il grande pensatore, quanto lui stesso, e soprattutto la sua testa, la sua voglia di sapere. Il messaggio di Antonio Calenda e del suo interprete Branciaroli muove dal lato umano, quasi ridicolo dello scienziato, e da quella modernità con cui lo concepì Brecht. Elementi che ne fanno oggi un simbolo contemporaneo dell’inquietudine umana e del conflitto interiore di chi, più di altri, è chiamato a decidere dei percorsi futuri della ricerca scientifica e del progresso o della dannazione dell’umanità. Il richiamo alla maledizione della scienza, quando asservita al potere e all’orgoglio dei singoli, pronunciato con voce quasi spenta da un vecchio e rinchiuso Galileo, lancia lampi costanti lungo tutta la visione di Brecht, che costellò il cammino dello scienziato di oppositori intelligenti e forti, cui venivano contrapposte spesso presenze di famigliari ed amici bigotte e piene di dubbi. La regia di Calenda ha riproposto la sfida del fisico italiano quando i Lumi ancora dovevano vedersela con l’Inquisizione in un contesto che, pur fedele allo spirito dell’opera originale, è applicabile in qualunque epoca dell’evoluzione umana, compresa quella attuale. Quello che colpisce appunto è l’intensa umanità che traspare da tutti i protagonisti di questa vicenda, il loro dubbio e rovello interiore: a partire dalla solitudine di Galileo, destinato ad essere incompreso anche dall’allievo più amato, un Sarti seguito nella sua crescita da una giovanissima attrice espressiva e promettente, e da adulto da un Emiliano Coltorti più sperimentato. Belle figure vengono tratteggiate anche da Giorgio Lanza, nella parte di Sagredo, l’amico fidato ma timoroso, da Lucia Ragno, la governante cui Calenda ritaglia un siparietto da ‘chanteuse’ di strada che sembra un piccolo omaggio a Fellini, e dalla Zamparini, che offre il ritratto della figlia di Galileo, persa in una devozione cieca e rancorosa _ Roma – Teatro Argentina 23 marzo 2007
Visto il
al Toselli di Cuneo (CN)