Pino Petruzzelli sospeso tra sogno e realtà, tra mito, storia, cronaca e fantasia: come sempre. Le cose che vengono raccontate durante lo spettacolo Vita nei boschi sono successe veramente, tutte quante. O forse no: sarebbero potute accadere, ma sono successe davvero solo nella mente dell’attore e regista Pino Petruzzelli e del pubblico. Ma c'è anche un'altra possibilità. Forse alcuni pezzi sono accaduti davvero, a Petruzzelli e al filosofo americano Henry David Thoreau, mentre altri sono rimasti nella penna e nella fantasia degli autori. Vallo a sapere.
Vita nei Boschi è il lavoro che Petruzzelli sta portando con Teatro Ipotesi nelle piazze e nelle arene all'aperto della Liguria e di altre località del Nord Italia. L’opera è dichiaratamente e liberamente ispirata al libro Walden, ovvero Vita nei boschi di Thoureau: e a meno di non averlo letto recentemente, esci dallo spettacolo senza avere capito cosa è farina dell’attore genovese e cosa arriva invece dal sacco dell’americano di metà '800.
I labili confini tra finzione e realtà
Per chi conosce l’attore e autore genovese, non si tratta di una cosa strana: anzi, è la sua cifra stilistica. Petruzzelli sale sul palco, o anche solo su uno scalino, o sul cassone di un'Apecar, ti racconta di quanto è contento di essere lì a parlare con te, perché ogni spettatore si sente come se l’attore stesse parlando proprio con lui e solo lui. Ti racconta in modo discorsivo del viaggio che ha fatto per arrivare fino a lì, davanti a te, di cosa si mangia nelle trattorie della zona, fa qualche annotazione sul Covid che ha chiuso i teatri, sul meteo o sul bosco che ha visitato durante una passeggiata: e poi all'improvviso scopri che l’emergenza-Covid è quella che stiamo vivendo tutti noi, mentre il meteo e il bosco sono quelli di Thoreau che nel 1845 si è auto-esiliato per due anni in una capanna in mezzo una foresta del Massachusetts.
Una confusione voluta, una commistione continua tra realtà e fantasia, tra vissuto e finzione. Un diluire i confini che trasforma l’esperienza personale dell’attore (e dello spettatore che si identifica con l’attore) in un vissuto di valore universale e paradigmatico della stessa esistenza umana. Vediamo se riuscite a capire cosa è narrazione e cosa è sogno in questo Vita nei boschi petruzzelliano.
Dalla città al bosco, partendo da zero
Settembre 2020. Teatri pronti a chiudere. Tournée bloccate. Pino Petruzzelli, attore e regista, è seduto al bar della stazione di Genova con Biga, un amico di Roma. I due parlano del loro futuro. Pino Petruzzelli andrà a vivere, per un anno intero, nei boschi. "Ma che ce vai a fà, che da là se ne scappano pure li sorci!" Scherza Biga. Pino prepara la valigia, porta con sé il libro Walden ovvero vita nei boschi, sale in auto e parte. Luogo scelto uno slargo nel fitto di un bosco alpino. A un centinaio di metri un laghetto. Intorno una catena di montagne con picchi innevati già a inizio autunno.
Non c’è nessuno al mondo che sia felice, se non chi è capace di godere, in piena libertà, di un vasto orizzonte. Costruzione della casa nel bosco: natura e tecnologia insieme. Le mie competenze architettoniche si limitavano a un livello per cui lo zero rappresentava già un successo! Logica, ci vuole logica. Una palafitta, quattro buchi nel terreno, pali, assi, viti, chiodi, trapano, finestra, pannello solare, forno in pietra... e poi lavoro... Lavoro che si fa maestria artigiana. Maestria artigiana che si fa Arte nel silenzio della natura. Un mese di lavoro. Costo totale 8.000 euro.
Tutto bello, ma c’è la voce della materia. Ah Pino, ma pe’ magnà ci hai i sordi da parte? No, pesca nel lago, castagne dal bosco, verdure coltivate nel piccolo orto e pane impastato con acqua del ruscello e cotto nel forno a legna. Immerso nella natura vivo in me il gusto della vita. Un gusto che trasforma anche il lavoro e la fatica, in divertimento. Un anno tra i boschi vuol dire anche toccare con mano l’abbandono del territorio: quel pastore trovato morto in alpeggio è come il simbolo di un mondo dimenticato, ma senza il quale non è possibile andare avanti. Cosa si porterebbe a tavola se nessuno coltivasse più la terra o allevasse?
Nel bosco per scoprire il futuro
Quattro stagioni nei boschi per vedere da vicino la Creazione come un privilegiato spettatore nella bottega di un Artista capace di creare il mondo e chi lo popola. Grazie alla natura cercare la vita e provare a viverla dentro di sé, nella parte più intima. Quattro stagioni immerso nel bosco e capire, alla fine, che il futuro è sinergia tra natura e tecnologia, tra città e territorio.
Gli animali sono costretti a cercare un qualche riparo dove accucciarsi e riscaldarsi con il calore del proprio corpo, ma l'uomo può contrastare il freddo con un impianto di riscaldamento e nello stesso momento mangiare e con la luce accesa leggere un libro o parlare con altri esseri umani e con loro dialogare e dar vita a progetti futuri. Grazie al nostro ingegno possiamo appoggiare il naso al vetro della finestra e guardare, al caldo del nostro focolare, un paesaggio invernale. La tecnologia sarebbe straordinaria se solo la usassimo per risparmiare tempo da impiegare per l'amore, l'arte, la poesia e, soprattutto, la salvaguardia della natura.
A fine spettacolo, parla Petruzzelli
Ecco cosa ha raccontato quindi Pino Petruzzelli a Teatro.it, subito dopo lo spettacolo: "Purtroppo no, durante l’inverno del Covid non ho potuto andare in mezzo alle Alpi né in Massachusetts per costruirmi una capanna di tronchi e vivere dei frutti della natura – racconta – Sono stato chiuso in casa come tutti quanti. Ma è vero che quando scrivo i miei testi mi isolo in qualche posto a contatto con la natura, il silenzio e la sintonia con l’anima del mondo mi aiutano molto, mi aiutano a guardarmi dentro: ma è una cosa che succede a molte altre persone, quando si riesce ad avere un rapporto più vero con le cose che hai vicino. La natura è quello che è, non quello che vuole mostrare, non ha bisogno di mostrare niente".
Il Covid è solo un pretesto, una scenografia?
No, l’emergenza Covid ci ha mostrato che siamo tutti qui, tutti uguali, tutti esposti allo stesso pericolo: e che se ne esce solo aiutandoci a vicenda. Dobbiamo stare uniti: come i personaggi che aiutano il nostro Pino-Thoureau dei boschi a sopravvivere utilizzando le risorse naturali senza distruggerle. Scrivere Vita nei Boschi non è stato solo un riempitivo per passare il tempo del lockdown, è stato il mio modo per elaborare questa tragedia: se ne può uscire solo tornando vicini alla natura, con le sue piccole e grandi cose, al nostro mondo, alla nostra stessa umanità.
E il personaggio di Biga, pragmatica voce del popolo che taglia le ali ai voli pindarici? Perché ha inventato un personaggio del genere?
Non è inventato. Era il bidello a Roma, quando frequentavo l’accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Passavo tanto tempo con lui, nelle pause. Mi ha insegnato un approccio molto vero alle cose della vita, pragmatico e autoironico allo stesso tempo. Un sognatore disincantato.
Ma il Covid non è ancora troppo di attualità, per costruirci sopra un teatro di emozione e di parola?
Infatti lo spettacolo è ambientato fra 20 anni.