Danza
WAVES

A Venezia la danza di Taiwan incontra l’intelligenza artificiale

Waves
Waves © Andrea Avezzù

Si chiama Cloud Gate Dance Theatre of Taiwan la formazione fondata nel lontano 1973, che riprende il suo nome dalla più antica danza cinese conosciuta, e che debutta in prima europea alla Biennale Danza 2024 con lo spettacolo Waves, ideato proprio per celebrare il cinquantesimo anno di vita della compagnia.

Dal rito all’intelligenza artificiale e ritorno

Come le onde del titolo, i ballerini del Dance Theatre of Taiwan si muovono inseguendo un flusso energetico continuo che da una parte si espande verso una dimensione spaziale, dall’altra si contrae tra le pieghe di gesti dal sapore arcaico. La stessa programmazione musicale, curata da Daito Manabe, che ha ideato anche le installazioni visuali, ci riportano di continuo da un piano psichedelico e di ininterrotta sospensione a inserzioni melodiche che rimandano a sonorità rituali e ancestrali. 

Tutto si gioca nell’incontro/scontro tra i danzatori che si muovono sulla scena in gruppo, coppie o assoli e gli stessi danzatori che compaiono attraverso le installazioni sul fondo, ma poi anche si dissolvono in continue nebulose lasciando dietro di loro tracce di filamenti incandescenti oppure onde sonore.


Doppia realtà

Qual è la realtà? Quella dei corpi che riempiono la scena o il loro sdoppiamento sui pannelli che chiudono il fondo della scena stessa? Forse non c’è una vera risposta, forse dobbiamo fare i conti, oggi come oggi, con una doppia realtà, quella naturale e quella artificiale. Tra le due, in ogni caso, si instaura un rapporto di reciproco studio e alterna curiosità, e mentre le luci disegnano i corpi modellandoli tra chiaroscuri, i pannelli giocano a comporre e scomporre figure, procedendo dal distino all’indistinto e viceversa. 

Nessuna delle due realtà sembra prendere il sopravvento, lo capiamo chiaramente quando uno dei ballerini, al termine di un assolo, fugge verso il fondo, scompare ma subito dopo si vede ancora correre ma stavolta attraverso i pixel dell’installazione. C’è una continuità, tra le due realtà, senza necessariamente decretare la vittoria dell’una e la morte dell’altra. Per questo motivo nel finale assistiamo ad una scomposizione della regolarità dei movimenti e ad una dissoluzione definitiva delle immagini, tutto viene inghiottito dal buio, da quello stesso buio da cui tutto è destinato a (ri)prendere vita.
 

Visto il 18-07-2024
al Malibran di Venezia (VE)