Ideato nell'ambito di un'ampia coproduzione questo Werther al quale assistiamo al Teatro Comunale di Ferrara, e firmato a quattro mani dal direttore Francesco Pasqualetti e dal regista Stefano Vizioli, venne dato in prima al Teatro Sociale di Como poco più di un anno fa con i vincitori del Concorso AsLiCo 2020.
Obiettivo, una tournée inopinatamente fermata dal lockdown. Il Comunale di Modena lo accolse comunque a dicembre a porte chiuse, trasmettendolo sul portale Opera Streaming: ne abbiamo parlato qui a suo tempo. Finalmente la carovana si è rimessa in marcia, e dopo la città estense spetterà a Reggio Emilia a metà dicembre, ed a Pisa nel gennaio venturo accoglierla nei propri teatri.
Un cast che muta un poco nel tempo
Il cast nel tempo è mutato, ma di poco in verità. L'opera di Massenet in fondo è un lungo duetto d'amore imperniato su un rapporto impossibile, e quindi i due protagonisti contano assai. Non troviamo più Veronica Simeoni, impegnata a Modena; è sostituita Karina Demurova, che già affrontò Charlotte a Como.
Il trentenne mezzosoprano moscovita mette in campo una voce morbida, tendente al sopranile - il che non spiace in questo contesto - ben distribuita nella tessitura che spesso dal basso si inarca verso l'alto; il suo fraseggio ha le giuste sfumature; e del suo personaggio, tutto volto all'interiorità, sa cogliere bene il lato melanconico e patetico.
Francesco Demuro conferma la sua attitudine al ruolo di Werther, debuttato a Modena: il timbro naturalmente volto al chiaro, la linea di canto pura e lineare, il controllo del fiato ottimale, le salite agli acuti salde e ben tenute, sempre piena e persuasiva l'espressività della figura. Dal canto suo Guido Dazzini propone un Albert persuasivo nel carattere, e cantato con bella eleganza; mentre Maria Rita Combattelli consegna di nuovo una Sophie di ammirevole freschezza e spontaneità.
Nessun macchiettismo, ma civile dignità scenica nei tre compagni di bevute: Alberto Comes è un Bailli ricco di umorale spirito; Nicola di Filippo e Filippo Rotondo tratteggiano assai bene la chiassosa allegrezza di Schmidt e Johann. Andrea Gervasoni è Brühlmann, Luisa Bertoli Kätchen. Una lode al Coro di Voci Bianche modenese, guidato da Paolo Gattolin.
Direzione e regia, un team affiatato
La direzione di Francesco Pasqualetti – di nuovo sul podio della Filarmonica Bartoletti – procede con savietà e punta sempre al massimo equilibrio: dinamiche, sonorità, tempi sono ben calibrati, il fraseggio orchestrale indirizzato verso un sotterraneo, continuo mutare di densità e di tinte. E procede sempre in pieno accordo, senza increspature, con il côté visivo.
Per il quale, se i ricchi costumi di Anna Maria Heinrich ci riportano pari pari a fine del Settecento – l'epoca del capolavoro di Goethe - dal punto di vista registico Stefano Vizioli ha pensato intorno alle sobrie invenzioni scenografiche di Emanuele Sinisi, ed alle suggestive video proiezioni di Imaginarium Creative Studio, un Werther dai tratti di grande pulizia, minimalistico, e dalla valenza intimistica. Nondimeno molto 'teatrale' nello spirito e nei risultati: perché cura in profondità i personaggi, non trascura ogni dettaglio recitativo, impone a tutti l'esprimersi con gesti significativi, vuole che persino un semplice gioco di sguardi abbia un suo senso.
E poi s'inventa al Preludio una Charlotte, anziana e in carrozzella, che perpetua l'incontro con Werther in un interminabile, angoscioso delirio. Tale e quale la fa riapparire nel tragico epilogo, rievocando l'ultimo dilaniante dialogo con l'amato che spira, divisi dal tempo e dallo spazio. E l'idea in scena funziona alla grande.