Dopo l'impegno al Musikverein di Vienna il 7 maggio, dirigendo il concerto diffuso in mondovisione a celebrare i 200 anni della prima esecuzione della Nona di Beethoven - onore si badi toccato ad un direttore italiano, non ad un direttore austriaco, non ad un direttore tedesco! - Riccardo Muti inaugura l'11 maggio il Ravenna Festival 2024.
Lo fa in un Pala De André tutto esaurito, aprendo una breve tournée italiana con la stessa smagliante orchestra, cioè quella dei Wiener Philharmoniker. Una formazione dal carattere squisitamente europeo, che come ha osservato il maestro napoletano, «fonde le culture e lo spirito di tante nazioni diverse, perché il carattere viennese è la combinazione di quello tedesco, ungherese, slavo e italiano».
Un legame che dura da più di 50 anni
C'è un indubbio, forte e palpabile feeling fra Muti e questa compagine, in un felice interscambio che dura da più di 50 anni. Il primo ha ribadito spesso «di aver imparato molto dai Wiener: il senso del fraseggio, il timbro, il colore, la cultura mitteleuropea, un tipo di suono che unito alla mia cultura italiana costituisce una combinazione che ho sempre cercato di trasmettere a tutte le orchestre che ho diretto».
La seconda ha beneficiato - ampliando il proprio repertorio e affinando il suono complessivo - della sua passione, della sua enorme cultura musicale e del suo meticoloso metodo di lavoro. Un felice esempio di affinità artistica sin dal primo incontro a Salisburgo, nel lontano 1971, promosso da Von Karajan. Da allora Muti è salito innumerevoli volte sul loro podio, portandoli nella 'sua' Ravenna più volte, la prima nel 1992, l'ultima nel 2021.
Il trionfo del classicismo viennese
In locandina due capisaldi del sinfonismo viennese. Nella prima parte la luminosa Sinfonia n. 35 “Haffner”. Concepita in origine da Mozart nel 1782 come serenata celebrativa commissionatagli dall'omonima facoltosa famiglia salisburghese, già destinataria della Serenata K 250 del 1776; ma poi convertita con adeguate modifiche in una vera e propria sinfonia, vedendo la luce il 23 marzo 1783 al Burgtheater di Vienna. Suddivisa nei canonici quattro movimenti, prevede un Presto conclusivo dall'andamento vorticoso - una vera girandola di suoni, un lampo di spirito dionisiaco - che Mozart voleva eseguito“il più veloce possibile”.
Gli umori romantici dell'ultima sinfonia di Schubert
Nella seconda parte, la Sinfonia n. 9 di Schubert, detta “La grande”, lavoro di inusitate dimensioni e dal travagliato iter creativo. Iniziato nel 1825, sotto la suggestione della Nona di Beethoven, venne terminato nel 1828 poco prima della scomparsa del compositore viennese, che non ebbe nemmeno la soddisfazione di vederla eseguita, risultando troppo complessa per l'orchestra della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna cui era stata proposta.
La partitura venne riscoperta fra le sue carte da Schumann solo molti anni dopo; eseguita per la prima volta a Lipsia nel 1839 sotto la direzione di Mendelssohn, si rivelò una summa della genialità schubertiana per l'impeto romantico, il felice e spontaneo melodiare, la magistrale tecnica compositiva.
Un concerto da ricordare
Concerto memorabile, questo che apre Ravenna Festival 2024, di altissimo livello sia per l'eccellente prestazione della compagine austriaca, sia per l'autorevolezza della direzione: là dove Muti sceglie una lettura apollinea e lucente benché molto virile, di Mozart; mentre dà massimo risalto ai fremiti romantici ed alla passionalità di Schubert.
Conduce l'orchestra con parca gestualità, la mano destra usata pochissimo, tanta è l'intesa; nella concertazione trova insolite ma felici soluzioni ritmiche, mette in risalto dettagli altre volte fuggevoli, ricrea innumerevoli preziosismi timbrici, offrendo una fluidità musicale pervasa da fine arguzia. Una gioia per le nostre orecchie, e per il nostro cuore.
Lunghe ovazioni per orchestra e direttore
I 3.500 spettatori presenti non hanno lesinato alla fine, va da sé, applausi e calorose ovazioni. Preso un microfono, Riccardo Muti commenta che dopo il capolavoro schubertiano non si dovrebbe eseguire più nulla. Però lui ed i Wiener vogliono donare a Ravenna un generoso bis, ed ecco risuonare le note del rutilante Kaiser Walzer di Strauss jr., composto nel 1889 per l'incontro fra Francesco Giuseppe e Guglielmo II di Germania.
Un medium ideale per ricreare una cristallina trasparenza strumentale, e far rilucere in particolare le compatte schiere degli archi viennesi, dalle arcate impeccabili e dal meraviglioso, irripetibile timbro intriso di morbidezza e deliziosa setosità.