Perestroika, la seconda parte di “Angels in America”, monumentale lavoro di Tony Kushner, prosegue il sofisticato intreccio di citazioni, rimandi e allusioni di “Si avvicina il millennio”, spaziando da Sofocle alla soap opera, da Brecht all’Antico Testamento.
Perestroika, la seconda parte di Angels in America, monumentale lavoro di Tony Kushner, prosegue il sofisticato intreccio di citazioni, rimandi e allusioni di Si avvicina il millennio, spaziando da Sofocle alla soap opera, da Brecht all’Antico Testamento.
L’ambientazione è ancora quella Grande Mela dove Cats, “un musical che parla di gatti che cantano e ballano sui pattini a rotelle” (il riferimento riguarda un altro titolo di Andrew Lloyd Webber, Starlight Express, ndr) è all’apice del successo.
Attraverso allusioni non così velate, il drammaturgo racconta una storia di tradimento e redenzione in un’America che, prima con Reagan (e oggi con Trump), è sprofondata nel caos morale.
“Non ci sono angeli in America”
“Non ci sono angeli in America, non c’è passato spirituale , né passato razziale, c’è solo la politica”. Da queste parole, pronunciate già nella prima parte del testo dal personaggio di Louis (alter ego dell’autore sul palcoscenico), emerge la marcata caratterizzazione storico-politica dell’opera di Tony Kushner, il quale intende la politica come il risultato del groviglio di relazioni sociali e sentimenti nel quale ogni essere umano si trova a vivere.
La passione politica di Louis evidentemente contagia anche il suo interprete Umberto Petranca, che nella seconda parte, tira fuori una grinta che, in precedenza, sembrava aver tenuto al guinzaglio. In particolare, la scena dell’alterco con Giusto Cucchiarini/Joe Pitt risulta una tra le più ricche di pathos dell’intero spettacolo.
Di particolare interesse e intensità, il rapporto che intercorre tra Roy Cohn e il fantasma di Ethel Rosenberg, altro personaggio storicamente esistito. Il mood etereo e il coinvolgente sarcasmo di Cristina Crippa rivela al pubblico l’intrinseca malvagità delle azioni di Roy Cohn, che in passato aveva fatto condannare i coniugi Rosenberg alla sedia elettrica per attività di spionaggio a favore della Russia, mai concretamente dimostrate.
Vivere tra stasi e (doloroso) progresso
L’intrinseca tensione dell’uomo verso il progresso, anche quando raggiungerlo implica dolore e fatica, è la motivazione che spinge ad agire molti personaggi di questo dramma contemporaneo. Harper, moglie insoddisfatta, ansiosa e Valium-dipendente di Joe Pitt (una convincente Giulia Viana, in una interpretazione border line che toglie il fiato) è l’èmblema della paura del cambiamento.
Cercare di dissuaderla è il compito di una delle sue allucinazioni: Mr. Bugia, un simpatico e alquanto persuasivo imbonitore, interpretato da Alessandro Lussiana. L’attore si distingue, inoltre, per la sua effervescente interpretazione dell’infermiere Belize, una trascinante drag queen, molto legato a Prior, che raggiunge momenti di toccante spavalderia nelle scene in cui assiste Roy Cohn in ospedale.
Sara Borsarelli assume le inquietanti e magnetiche sembianze del Messaggero, inviato dagli angeli d’America per assegnare a Prior Walter la propria missione di Profeta della Stasi e custode del Grande Libro della Fine. La sua presenza si manifesta in tutto il suo fulgore, sventrando la camera da letto del protagonista e procurandogli un orgasmo e ripetute erezioni. Tuttavia, Prior rifiuta la sua “missione” e, nonostante il corpo piagato dalla malattia, trova la forza di sconfiggere l’Angelo. Si guadagna così la possibilità di visitare il Paradiso, un luogo desolato e silenzioso, abbandonato da Dio e sceglie di continuare a vivere, anche quando la vita comporta dolore e sofferenza.