Lirica
CAVALLERIA RUSTICANA / PAGLIACCI

Cavalleria rusticana e Pagliacci, le gemelle brillano sotto la bacchetta di Aldo Sisillo

Cavalleria rusticana e Pagliacci, le gemelle brillano sotto la bacchetta di Aldo Sisillo
© Rolando Paolo Guerzoni

Eccole insieme in scena al Teatro Comunale di Modena le famose “gemelle siamesi” del melodramma, Cavalleria rusticana e Pagliacci. Accoppiata proverbiale, ma non sempre accettata. Certe volte capita di veder l'uno o l'altro di questi atti unici di Mascagni e Leoncavallo eseguito da solo, oppure affiancato – spesso con criteri insondabili, se non bizzarri – a titoli d'ogni epoca e genere. Noi preferiamo ritrovarli accostati in un'unica serata, come detta una tradizione consolidata, secondo un legame logico e naturale. 

Questi due popolarissimi titoli assurti ad emblema del Verismo musicale, non solo son coevi, ma hanno in comune quasi tutto: la sintetica brevità, la struttura, i personaggi popolari, l'ambientazione in due piazze del Meridione. Nonché lo scatenarsi delle passioni erotiche, con corollario di tradimenti coniugali, scoppi di gelosia, codici d'onore, coltelli ed epiloghi delittuosi. Due vicende egualmente squallide e tragiche - roba da cronaca nera - raccontate con drammaturgia schietta ed impellente, e trattate con spontaneità melodica e impulsivo incedere musicale dai due compositori. Nel caso di Leoncavallo, anche librettista in proprio.

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Teresa Romano e Angelo Villari (Cavalleria Rusticana)

Una teatralità forte, intensa

Cavalleria è occasione per incontrare una Santuzza che ricorderemo a lungo. Aggressiva, passionale, bruciante quella di Teresa Romano, artista di forte tempra attoriale e dalle prodighe doti vocali mezzosopranili. Con lei il personaggio sbalza forte, incisivo, memorabile nella resa del suo cupo carattere. 

Al suo fianco un Angelo Villari in gran forma interpreta Turiddu, prima d'esser Canio in Pagliacci. In un caso e nell'altro, procede con slancio esplosivo, fuoco e ritmo; ha voce intensa e brillante, dall'emissione irruente, e sa trovare nelle pieghe d'ognuno dei suoi personaggi il giusto senso drammatico. L'impeto maschio dell'incoscienza giovanile, dominata dal testosterone, così come il furore ferino d'un marito roso dalla gelosia. 

Il baritono argentino Fabián Veloz si disimpegna bene nei panni di Alfio, ma ancor di più risalta in scena il suo vigoroso Tonio: voce dai molti, indubbi pregi, apre Pagliacci con un Prologo affrontato con nobile nonchalance e reso da vero “attore cantante”, e prosegue senza eccedere in morbosi tratti psicologici da deviato mentale. Francesca Cucuzza rende una frivola, sfrontata Lola; Eleonora Filipponi un'adeguata Mamma Lucia.

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Cavalleria Rusticana

La commedia è finita. Con due morti in scena

La gelosia, dapprima espressa da Canio a fior di labbro («Un tal gioco, credetemi..») scoppia presto devastante. Pagliacci vede l'intervento di Daniela Schillaci alle prese con la povera, infelice Nedda. Il soprano catanese mette in campo una linea di canto fine e corretta, 'sente' il suo personaggio, e lo rende in scena completo; ma la voce non ha quello smalto che fa la differenza, specie nella Ballata che scivola via senza impressionare. 

Irreprensibili gli interventi di due giovani: Giuseppe Infantino (ottimo Beppe) e di Hae King (un Silvio debitamente ben fraseggiato ). Un plauso lo dibbiamo al Coro modenese, che ha un preparatore di vaglia quale Corrado Casati, ed alle Voci Bianche istruite da Paolo Gattolin.

Quale guida musicale, a capo dell'Orchestra dell'Emilia Romagna Arturo Toscanini, troviamo Aldo Sisillo. Il quale stende un bel tappeto sonoro sotto le voci – ma brilla per souplesse anche nei due intermezzi – e sembra smussare gli spigoli di due partiture di declamatoria potenza, con dinamiche ben controllate ed un procedere attento, smorzando certe enfasi orchestrali, certe intemperanze drammatiche d'entrambe le partiture a favore di un tono più contenuto e colloquiale. Un'accurata, efficace, persuasiva direzione, da ogni angolo la si guardi.

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Pagliacci

Abbondanza di coltelli in scena

La regia di Plamen Kartaloff appare quanto mai tradizionale. Punta sul sicuro e non esce mai dal seminato, cura certi particolari, asseconda bene il dipanarsi inarrestabile delle due vicende in tempo reale. Insomma, nulla di nuovo, ma effetto sicuro. Tuttavia vedere in Cavalleria i paesani siciliani abbracciati a ballare il sirtaki sconcerta alquanto; per non dire d'una processione ben poco solenne, a ritmo di fuga generale. Pecche che in Pagliacci non rileviamo. 

L'impianto scenico unico di Giacomo Andrico è di raffinata semplicità, e funziona bene: aperto ed arioso, prima è illuminato da un sole primaverile, poi a racchiudere in notturna il palco dei commedianti. I bei costumi di Nella Emil Dimitrova-Stoyanova rispecchiano bene l'ambientazione dei due libretti. Efficaci luci di Stefani Mazzanti. Il dittico è un nuovo allestimento coprodotto con l'Opera di Sofia, andrà poi in scena a fine mese al Municipale di Piacenza, infine a metà aprile al Galli di Rimini.
 

Visto il 20-03-2025