Sul palcoscenico solo un pianoforte Gran coda Steinway & Sons e uno speciale sgabello, quando il teatro gremito applaude calorosamente all’entrata in scena di un Ezio Bosso evidentemente emozionato. Il minimo forse inziale imbarazzo scompare quando il maestro (che in seguito però afferma di non amare essere definito così… gli riporta alla mente quel maestro della scuola elementare che tanto lo ha fatto soffrire) inizia a parlare esprimendo la propria gioia nel poter finalmente, dopo diciotto anni di attesa, raccontare se stesso davanti al pubblico triestino.
Nel corso della serata le commoventi, forti e dolci note si alternano a racconti di spezzoni della propria vita londinese presente, e italiana trascorsa, in un costante collegamento tra queste narrazioni e le musiche, sempre introdotte da parole dense e dirette, spesso divertenti battute.
Così non può mancare un pensiero al “non molto fortunato” Chopin, e a Bach ,“Il vecchiaccio”, dei quali interpreta splendidamente alcuni immancabili brani, invitando il pubblico “ad andare in cerca di questa musica, perché è la nostra musica, la musica di tutti” .
Dovuti (e assai sentiti) sono i richiami al proprio “modello”, il Maestro Cage, del quale riporta un brano particolare e alquanto fantasioso, e alla amata poetessa, Emily Dickinson, a cui si ispira per una composizione tormentata e buia, il racconto delle sensazioni di una donna che ha deciso di vivere in una stanza per il resto della propria vita, unico contatto con l’esterno: la finestra.
“La stanza”, appunto: ogni racconto e ogni nota riconduce a un solo tema: “la stanza”, che può essere intesa in una molteplicità di significati… stanza come poesia, canzone, libertà, fermarsi, ma anche prendere coscienza e aprirsi agli altri...affermarsi ma anche perdersi. Tanti momenti sono quindi riconducibili alla parola “stanza”, come l’attimo in cui egli stesso si è trovato a seguire il volo di un uccello, perdendosi, perché perdendo si impara a seguire, perché c’è sempre qualcosa che bisogna perdere: da qui nasce “Following a bird”, dolce e leggera, pensierosa ed esploratrice.
La commozione, costante durante l’intera serata, raggiunge l’apice con “La stanza del tè”, l’espressione drammaticamente dolce di un dolore tanto amaro.
Il lungo brano “The 12th room” chiude il concerto: l’ultima stanza, la più “consapevole” forse, quella che ci prepara a ricominciare. La fine cosciente che è anche il nuovo inizio, proprio come la fine di questa speciale serata fatta di note costituisce l’inizio di un nuovo modo di vedere la vita per tutti i presenti, quella sera, in quel teatro: e rimangono la sensazione, la riflessione, e l’immagine di un grande interprete e compositore che abbraccia il suo “amico” pianoforte al termine di ogni brano.
Musica
THE 12TH ROOM TOUR
Il teatro, la stanza delle note di Ezio Bosso
Visto il
24-04-2016
al
Politeama Rossetti (Sala Ass. Generali)
di Trieste
(TS)