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ART

L'arte dell'amicizia

L'arte dell'amicizia

Entrare in una sala teatrale e trovare il sipario accostato è ormai evento raro, quasi una novità. Il sipario sottolinea l’essenza di scatola chiusa nonché mondo parallelo del palcoscenico all’italiana. Il sipario divide il mondo della platea da quello “irreale” ma veritiero del palco, e nel momento in cui si apre catapulta e trascina lo spettatore nella sua vita. Il pubblico di Art – opera dal successo internazionale, datata 1994, di Yasmine Reza e tradotta in italiano da Alessandra Serra – è trascinato nella Parigi degli anni ’90, nelle case di tre amici, tre uomini diametralmente opposti ma uniti da una decennale amicizia. Tre uomini, tre personalità,  tre case, che si riconoscono nella scenografia – la quale per motivi di logica resta sempre la medesima: pareti bianche, divani beige e tre simboliche piantine - differenziata dai quadri di volta in volta appesi alla parete centrale. Marc – Gigio Alberti – l’uomo perennemente contro tutto e tutti, il cinismo e la spontaneità fatta persona, ha arredato il suo salotto con un dipinto che ricorda un paesaggio fiammingo. Nel boudoir di  Yvan – Alessandro Haber – l’uomo mite, l’amico accomodante, il buono per antonomasia, campeggia un’enorme e triste pagliaccio. La parete di Serge – Alessio Boni – un uomo irrisolto e saccente che crede di trovare la soluzione alla sua insoddisfazione nella mondanità, è ancora vuota; Serge è indeciso se appendervi un dipinto appena acquistato, pagato un occhio della testa, un quadro d’arte contemporanea completamente bianco. L’opera acquistata da Serge è il pomo della discordia, i tre amici hanno posizioni differenti sulla bellezza del quadro, sull’arte contemporanea, sulla cifra spesa. Discutono del e sul quadro ma in realtà discutono delle loro vite, dei dissapori, delle falsità, della loro amicizia, ormai al capolinea. Dietro la fondatissima dissertazione sull’arte contemporanea, sul suo valore, sul suo significato si nasconde l’interrogarsi sul senso dell’amicizia, che sembra vada avanti per inerzia, perché c’è un passato condiviso ma non più un presente. La vita ci conduce lontani dai punti di partenza e ci si può non ritrovare più in un amico, idea inaccettabile ma reale.
I tre attori incarnano bene i loro personaggi, Alessandro Haber sembra sia tagliato per interpretare l’uomo bonario e perennemente indeciso, i suoi tempi sono veloci e strappa più risate al pubblico. Gigio Alberti si cala lentamente nel ruolo di uomo “contro” ma il suo volto è quello di una persona cinica. Alessio Boni veste i panni di un uomo affettato e ingessato e purtroppo anche la sua recitazione appare talvolta poco spontanea. La regia di Giampiero Solari è corretta e non conosce sbavature ma lo svolgersi delle discussioni è lento, la commedia avrebbe bisogno di un pizzico di ritmo in più e il coinvolgimento del pubblico sarebbe totale.

Visto il 19-02-2013
al Mercadante di Napoli (NA)