Premesso che il lavoro compiuto da Pina Bausch per quanto riguarda il nuovo linguaggio da lei creato e definito teatrodanza è unico e irripetibile, è sicuramente apprezzabile e consolatorio vedere come i suoi ex danzatori riescano a portare avanti e a sviluppare il discorso da lei iniziato, ampliando e modificandolo anche in relazione ai cambiamenti avvenuti nel nostro tempo.
E’ quanto ha fatto la coreografa Mei hong Lin, una delle danzatrici preferite da Pina Bausch, che ha firmato per i ballerini del The Darmstadt State Theatre Dance Company in scena al Teatro Manzoni di Milano il pezzo “Blind date” con le scene di Corina Krisztian-Klenk, i costumi Bjanka Ursulov e una colonna sonora formata da un mix di musiche che passano dalle canzoni anni Trenta, alle musiche di Astor Piazolla, fino ad arrivare a James Brown, Rolling Stones e molti altri.
Lo schema rimane quello “imparato” dalla Bausch, ovvero la coreografa fa improvvisare i ballerini su alcuni temi dati come stimolo per tirare fuori da se stessi, usando oltre al corpo anche la voce, emozioni, sentimenti, sensazioni, fino ad arrivare all’esasperazione di questi, passando dal comico al tragico, dal sorriso al pianto, dalla gioia al dolore. Insomma tutte le sfaccettature dell’animo umano vengono toccate, analizzate, quasi sezionate, senza falsi pudori, portando sulla scena oltre che la danza di ogni ballerino, anche la sua personalità. Una danza che non è finzione ma verità e attraverso al quale l’interprete, il quale non è solo danzatore ma anche attore, mette in scena se stesso e le proprie verità.
Il tema principale dal quale è partita Mei hong Ling è quello dell’appuntamento al buio, ovvero della ricerca di un partner ideale, magari anche usando i nuovi mezzi di comunicazione come Internet e le chat per trovare l’anima gemella. Insomma per tutto lo spettacolo si parla di amore, ma anche di solitudine, di impossibilità a volte di poter effettivamente comunicare con l’altro sesso. Tematiche insomma sempre care alla stessa Bausch e che ha sviluppato in molti dei più celebri Stuck da lei creati come “Cafè Muller” o la stessa “Sagra delle primavera” e molte altre sue celebri coreografie.
In Mei hong c’è forse in più quel distacco e quell’occhio più critico dettato probabilmente dal cambio dei tempi, che nella Bausch lo spettatore non poteva cogliere all’inizio soprattutto a causa del forte impatto emotivo, la carica rivoluzionaria e il sovvertimento del linguaggio della danza da lei avviato inizialmente.
All’inizio sei donne in scena eseguono degli assoli su un tappeto musicale costruito su motivi degli anni Trenta e Quaranta, poi al suono di un campanello che può sembrare quello della reception di un albergo, arrivano gli uomini, iniziano a flirtare, si corteggiano, cominciano a formarsi delle coppie che amoreggiano. In fila ognuno di loro mostra al pubblico che cosa ha di bello, ognuno parla nella sua lingua, cercando di mostrare le proprie qualità, le proprie preferenze, oppure i difetti.
I corteggiamenti continuano una coppia si stacca dalle altre e comincia a danzare su un tema spagnolo, poi una ragazza con un microfono si mette davanti agli altri ballerini e simula una lezione di danza jazz mista aerobica. Poi la scena cambia e ogni ballerino comincia a danzare facendo un elenco delle cose che ama mangiare. Si passa dal budino al kebab dalla pizza al caviale e via dicendo. La pronuncia delle parole e il tono delle voce diventano per ogni danzatore motivo di ispirazione per cominciare una danza.
Due giovani uomini ballano un tango passionale, dimostrando come passione, sensualità, grazia, forza ed energia non siano solo prerogative del gentil sesso. Insomma “Blind date” diventa una sorta di divertissment che si conclude con un gruppo di ragazze le quali, dopo aver dormito una sull’altra prendendo ironicamente in giro la celebre canzone tratta da Cenerentola “ I sogni sono desideri”, concludono lo spettacolo decidendo di voler assomigliare alle modelle che si vedono sui giornali. Ma la loro è una dura critica al modello femminile che i mass media ci impongono e per questo due di loro si denudano in scena e in segno di protesta, si incollano pezzi di giornale sul corpo fasciandosi con il nastro adesivo e mostrando il loro dissenso.
Al Teatro Mnazoni dal 26 al 29 gennaio