Quattro giovani coreografi a confronto, Ludivig Daae, Giulio D’Anna, Matteo Bittante e Davide Calvaresi nello spazio post industriale della Fabbrica a Vapore di via Procaccini a Milano. I loro lavori sono stati presentati nell’ambito della sesta edizione del Festival “Exister” intitolato quest’anno “Orizzonti”, diretto da Annamaria Onetti e ospitato anche con altri spettacoli, alla Dancehaus di Susanna Beltrami.
Quattro diversi orizzonti creativi appunto, quattro diverse prospettive di vedere e interpretare la danza a cominciare dal coreografo norvegese Ludvig Daae che ha presentato un vero e proprio “divertissement” sul lavoro del ballerino, del coreografo e dell’artista più in generale. Protagonista della performance lo stesso danzatore, in scena dal vivo, in carne e ossa, essere danzante davanti agli occhi dello spettatore e il suo “alter ego” virtuale, ovvero il suo “doppio” proiettato in un efficacissimo video realizzato da Joanna Nordahal, che gioca sul rallenty e sull’accelerazione, in perfetta simbiosi, con la musica che fa da accompagnamento, la parola e il gesto.
Il giovane coreografo norvegese, attivo tra Stoccolma e Bruxelles, capelli castani chiari, fisico asciutto, viso solo apparentemente inespressivo, appare inizialmente in scena a piedi nudi, indossando una semplice maglietta infilata in un paio di pantaloni grigio perla, rotolando sul pavimento e compiendo un sequenza di movimenti con braccia e gambe, in silenzio senza musica. Ad un certo punto dietro di lui, proiettata su uno schermo bianco, seduto su una poltroncina in stile rococò, appare il suo doppione più elegante, più composto, con giacca, pantaloni e scarpe da tennis. Rispetto al suo altro vivente, sembra essere più composto, meno scapigliato e assume il ruolo, del professore, dell’osservatore. Comincia a dare qualche spiegazione sulla danza contemporanea, sulla coreografia, sulla ricerca dei movimenti, di come il coreografo tenda a numerare le varie sequenze di movimento.
Mentre il primo spiega, il secondo esegue “in diretta”. Poco dopo comincia l’interazione, entrambi eseguono contemporaneamente, uno sul video l’altro sulla scena, gli stessi movimenti, oppure ripetono la sequenza a canone, fino a dissociarsi l’uno dall’altro per poi tornare in sintonia. Un divertente gioco di sdoppiamento nel quale ad un certo punto non si capisce chi è il vero protagonista e in cui non manca l’ironia. Ad un certo punto Daae sostituisce direttamente la sua testa con un piccolo schermo sul quale è proiettata molto più ingrandita, mentre il resto del corpo esegue dal vivo movimenti in stile discoteca.
Di tutt’altra impronta stilistica l’assolo presentato da Giulio D’Anna intitolato “Bloody Body Blah”. D’Anna, che ha avuto una formazione classica avendo studiato dai 10 ai 20 anni balletto classico seguendo il metodo della Royal Academy of Dancing per poi passare al modern jazz e alla danza contemporanea, sembra ripercorrere in questo suo lavoro il conflitto interiore vissuto molto probabilmente nel passaggio dovuto dall’uno all’altro stile. Domina dunque la componente autobiografica. Lo vediamo apparire in scena con il tutù che le ballerine indossano nel “Lago dei cigni”. A torso nudo, con le scarpe da tennis riesce a salire in punta, passando da contrazioni e contorcimenti, a figure classiche come l’attitude o l’arabesque. Sale e scende da un tavolo, ride e soffre, mentre dietro di lui appaiono in sequenza scatti fotografici che lo ritraggono nelle diverse età della sua vita, infanzia, adolescenza e giovinezza. Il suo vuole essere uomo è raccontato dal punto di vista di Odette.
Matteo Bittante, che dopo essere stato danzatore partner di etoiles come Luciana Savignano, Carlotta Imparo e Myrna Kamara collabora dal 2003 come assistente coreografo di Susanna Feltrami e come ballerino con la compagnia Pierlombardo Danza , ha raccontato invece attraverso la sua danza une vera e propria storia, intitolata “Keep your fingers crossed”. Anche qui il supporto del video è fondamentale infatti nella prima parte del lavoro l’azione si consuma su tre video, due schermi più grandi posti lateralmente e uno più piccolo sistemato al centro della scena. Qui vediamo la storia di due giovani, un ragazzo e una ragazza, che si incontrano per strada ( il video è stato girato nella Zona 4 di Milano) ed evidentemente si innamorano uno dell’altra.
Però entrambi sembrano portare una maschera. Per l’uomo, che è in cerca di fortuna e si domanda come fare per diventare un bravo coreografo, la maschera è probabilmente rappresentata da un paio di occhiali. Per la fanciulla, che inizialmente è vestita come una principessa che cerca il suo principe azzurro, la maschera è una sorta di cappuccio che ad un certo punto si infila in testa. Poi i due scompaiono dal video e compaiono in scena. L’atmosfera diventa cupa, lui diventa una sorta di carceriere che illumina la donna con una torcia come se lei fosse colpevole di qualche misfatto. La trascina su delle strisce pedonali e l’amore iniziale si trasforma in lotta. La maschera del principe e della principessa sono scomparsi, rimane la propria nudità e la propria essenza.
Fabbrica al Vapore e Dancehaus dal 25 al 27 ottobre