Prosa
DITEGLI SEMPRE DI Sì

Innanzitutto una premessa: l'…

Innanzitutto una premessa: l'…
Innanzitutto una premessa: l'entusiasmo con cui abbiamo atteso, ansiosi, la prima edizione del Festival Internazionale del Teatro è stato alimentato soprattutto dalla condivisibile speranza che, almeno in questa circostanza, avremmo osservato ed applaudito una drammaturgia avulsa da qualsiasi deprimente logica di mercato, caratterizzata da una cifra creativa personale, nuova e capace di approcciare in maniera idonea ed originale anche il teatro popolare di tradizione. Capita invece che, ohimé, tali auspici vengano frustrati e, in spregio a qualsiasi costruttivo progetto di rilevante interesse drammaturgico, si appalesi, anche in questa occasione, l'esiziale e recidivo morbo del filodrammatico di ritorno, epidemia che non perdona e del cui doloroso contagio è vittima stavolta nientemeno che Eduardo. Stiamo parlando dell'allestimento, curato da Geppy Gleijeses e prodotto dal Teatro Stabile di Calabria, della commedia Ditegli sempre di sì, scritta nel 1927 e oggi messa in scena a Napoli per il Teatro Festival Italia. Mortificato in un allestimento scenico già di per sé presepiale e didascalico ben oltre il tollerabile (perfino l'accennato simbolismo di qualche soluzione si configura come scolastica ed imbarazzante didascalia dell'ovvio), la tragicomica pièce di de Filippo perde ogni consolidata e riconosciuta velleità testuale e, da testo drammaticamente ed ironicamente parapirandelliano, si fa grossolana farsa di carattere, tutta imperniata sulla rappresentazione sostanzialmente comica di equivoci ed intrighi i cui protagonisti, svuotati di qualsiasi lettura introspettiva e di qualsiasi problematicità, sono ridotti arbitrariamente al rango di maschere e tipi fissi. Consimile facile e semplicistica caratterizzazione dei personaggi trova i suoi picchi esemplari proprio nell'interpretazione di Geppy Gleijeses e del figlio Lorenzo, il primo responsabile di banalizzare il disagio psichico di Michele Murri, offrendo del malato di mente l'immagine stereotipa di un demente disadattato, disgraziatamente in linea con la recente e triste rivalutazione dei beach movies all'italiana, il secondo senza dubbio reo di aver azzerato tutto il potere socialmente eversivo del personaggio di Luigi Strada, grazie ad una recitazione stentata e stentorea, più idonea alla performance conclusiva di un modesto percorso di teatro scuola che ad un Festival di Teatro di rilevanza internazionale. Infine, è giusto sottolinearlo, eccezion fatta per il sempre bravissimo Gennaro Cannavacciuolo, tutta la compagnia − Gigi de Luca, Antonio Ferrante, Ferruccio Ferrante, Gina Perna, Stefano Ariota − nonostante le indiscusse potenzialità dei singoli, sembra come schiacciata ed imbrigliata in una regia elementare, superficiale ed incapace di penetrare le ragioni profonde dell'opera rappresentata, condizione questa che spoetizza enormemente la messinscena, degradandola a livelli di socializzante e spensierato intrattenimento. Napoli, Teatro Festival Italia - Villa Comunale, 18 giugno 2008
Visto il
al Garden di Rende (CS)