Prosa
DON GIOVANNI

Il fascino del male assoluto

Il fascino del male assoluto

Don Giovanni è un testo difficile e atipico nella produzione di Molière. I suoi toni oscillano tra la commedia e la tragedia, per concludersi in un epilogo totalmente drammatico.
Il mito di Don Giovanni appartiene all’epoca moderna e, in Molière, conferma i tratti di libertinaggio, vizio e cinismo che piegano ogni regola al piacere individuale.

Antonio Zavatteri (che firma anche la regia) è un seduttore persuasivo, sempre vincente sulle obiezioni del servo Sganarello ( un ironico Alberto Giusta). La sua condotta di vita è abietta senza remissione e lo scopo di tutto è per lui il piacere della conquista, svanito il quale nulla resta di apprezzabile nell’amore, “finché un nuovo oggetto non viene a risvegliare il desiderio”.  A fronte di tale perversità e di tale noncuranza per i sentimenti altrui, poco possono la morale e il buon senso, che soccombono a ragionamenti che capovolgono i valori e rendono la crudeltà logica e accettabile. La statura di Don Giovanni è enorme e malefica, tutti i protagonisti si scontrano con la sua irriducibilità e ne escono sconfitti. Sganarello, nella sua semplicità, discute di morale con il padrone e ne è confuso e intimorito, dando vita ai momenti più comici della commedia. Donna Elvira (una brava Ilaria Falini), sedotta e abbandonata, non riesce neppure ad ottenere il pentimento di Don Giovanni, ultima richiesta spassionata dopo la rinuncia al suo amore. Ciò che ne sortirà sarà un’ulteriore perversione: l’ipocrisia, vizio privilegiato, perché impunito.  “ Gli spiriti illuminati si adeguano ai vizi del loro tempo”, questo il nuovo volto del libertino cammuffato , sino alla finale resa dei conti che terminerà in tragedia.

Un mito affascinante e dannato, rappresentato dalla Compagnia Gank nella chiave eterna del fascino del male assoluto contro le regole e la morale comune.
Bravissimi gli attori (in scena Antonio Zavatteri, Alberto Giusta, Massimo Brizi, Ilaria Falini, Mariella Speranza, Roberto Serpi) che interpretano più parti e ottima la regia che introduce delle soluzioni innovative, come la parlata borgataro-romanesca delle due contadinotte, sedotte dal protagonista, e di Pierotto, fidanzato tradito di una di queste.

I costumi sono contemporanei, ad eccezione dell’abito di donna Elvira, completato da una parrucca candida, che pare riallacciarsi all’epoca della pièce. La scelta sembra sottolineare la nobiltà del personaggio che attraversa tempo e mode e che si contrappone alla perfetta immoralità della controparte.

Belle, infine, le scenografie, costituite da teli disegnati e illuminati che suggeriscono ambienti e atmosfere sempre più cupe, presaghe della lugubre conclusione.


Ottima versione di un classico senza tempo.

Visto il 16-02-2014
al Paolo Giacometti di Novi Ligure (AL)