Un Don Giovanni ben fatto! Un bell'allestimento dove tutto concerta per la realizzazione di uno spettacolo godibilissimo. Bravi gli attori tutti, pittorica la scenografia e la regia è fresca e vitale: i giovani delle scuole saranno contenti di “sorbirsi” questo classico, almeno per una volta il teatro da programma didattico non mieterà vittime tra i possibili futuri spettatori.
In un quadro in chiaro-scuro dal sapore caravaggesco si sviluppa la prima parte del testo in cui gli attori dipingono i propri personaggi con tratti forti e ben definiti: un don Giovanni irriverente, senza patria e dio fedele solo alla sua epicurea carriera di conquistatore ma che mai per un attimo risulta spocchioso od odioso (Filippo Dini), un Sganarello (Alberto Giusta) estremamente simpatico nel suo cercare di dire non dicendo ma dicendo benissimo il proprio disaccordo con le opinioni e il comportamento del suo padrone che comunque non smette di servire e sostenere. Da segnalare il divertente scambio tra il Pierotto (Massimo Brizi) e la Carlotta (Mariella Speranza) sull'amore non o poco ricambiato che così tanto risuona, sia per il testo di Molière sia per l'interpretazione data, di “reality” italiano. Degna di nota è la capacità di trasformismo di Massimo Brizi e Alex Sassatelli (un bel Quaresima) che con abilità riescono a tratteggiare con pochi e precisi gesti e atteggiamenti i diversi personaggi presenti nella piéce.
L'entrata nel Mausoleo del Commendatore assassinato da Don Giovanni è il punto di svolta non solo per l'evoluzione della storia ma anche per la messa in scena di Antonio Zavatteri. Con un semplice gioco scenografico e di luci la prospettiva palco spettatori si rivolta: la platea diviene parte della scenografia e il pubblico statue del sacrario che decretano la fine di Don Giovanni. Una nuova dimensione che, anche se un poco disturbata dall'interruzione per l'intervallo, rimarrà fino alla fine dello spettacolo giustificando lo sconfinamento degli attori nella platea - così scuola Stabile di Genova – divenuta navata centrale della chiesa in cui si risolveranno le ultime battute dello spettacolo.
A sottolineare questa nuova dimensione dai confini incerti d'interpretazione da un contributo forte il tratto abbozzato con cui Laura Benzi realizza la scenografia calata dalla graticcia a far da quinte: un nuovo quadro in carboncino bianco su fondo nero.
Come devoti in chiesa assistiamo prima agli inutili tentativi di Don Luigi e di donna Elvira (Alessia Giuliani) per portare Don Giovanni a redimersi, il quale decide di cambiar vita, sì ma solo per strategia politica, solo per continuare a perseguire indisturbato, anzi protetto, i propri interessi...
“L'uomo saggio sa servirsi del vizio della sua epoca, Sganarello. L'ipocrisia è il vizio ora di moda, e tutti i vizi di moda passano per virtù. […] Se a un uomo onesto è proibito di soffiarsi il naso, a un ipocrita è permesso rubare tutta una città. Lasciagliela dunque rubare, Sganarello!”.
Come devoti in chiesa: appunto!