Con la rappresentazione di una tragedia che definire classica è riduttivo e che ha affiancato Antonio Calenda e Franco Branciaroli, due colossi del teatro italiano, si è chiusa domenica 26 Aprile la stagione del teatro di Scandiano, piccolo centro in provincia di Reggio Emilia che merita di essere segnalato non solo per la bella rocca, ma significativamente per la varietà della sua programmazione teatrale.
Edipo Re di Sofocle è uno dei testi fondamentali di tutta la cultura occidentale che in ogni tempo è stato oggetto di rivisitazioni, mantenendo intatta la forza del suo messaggio. Scritta nel V secolo a. C., la più cupa delle tragedie greche rifiorisce grazie alla maestria di Antonio Calenda ed alla complessa e multicolore capacità istrionica di Franco Branciaroli.
Spiega Calenda: “ In un mondo smarrito, minaccioso, delle cui ombre sentiamo costantemente l’incombere è emblematico rielaborare il percorso, dal buio verso la chiarezza che Edipo compie nella tragedia sofoclea: un percorso nella coscienza che allo stesso tempo è individuale, di intima analisi e collettivo, di grande profondità…”
E in maggior dettaglio Branciaroli: “Edipo è l’eroe tragico che non sa chi è: tutto gli casca addosso perché tutto è già avvenuto. Questa conoscenza di sé avviene attraverso il dolore. Il dolore è la caratteristica di Edipo, dunque. Lui dice che nessuno ha un dolore più grande del suo.
Infatti appena lui conosce diventa cieco: la cecità, come il dolore, nella cultura greca è strettamente legata alla conoscenza.”
Edipo è quindi l’uomo alla ricerca di un’identità, ma ancora più di una colpa. Nella messa in scena di Calenda diventa così protagonista la dimensione dell’incubo, amplificata dall’interpretazione di Branciaroli, che dà magistralmente voce e corpo a più personaggi della tragedia – oltre Edipo, il messo Tiresia, la stessa Giocasta ed un messaggero – a dimostrare che in Edipo e nella sua carne si condensano i frutti e le radici della colpa. Prevedibile l’inevitabile risultato: uno spettacolo innovativo, straordinariamente attuale, che ha cercato di spostare l’attenzione dall’incesto e dalla colpa di Edipo alla ricerca di un capro espiatorio, necessità evidente di una società violenta. Edipo come vittima dunque. Un Edipo portato in scena da un’intensa interpretazione e dal suo doppio, l’acuta invenzione di spalle che affianca Branciaroli. Un protagonista doppio: da un lato l’Edipo protagonista della scena, dall’altro quello che rivive e scopre il suo passato, percorre a ritroso la propria esistenza, alla ricerca di una terribile verità.
La tragedia era la preghiera dei greci con la quale si dimostrava tutto il dramma della condizione umana, come a dire che la bellezza e la verità del Teatro superano le misure di spazio e luogo consueti. E Calenda, punto di riferimento per la sperimentazione teatrale, propone un teatro alla ricerca dei contenuti, scarno, che nulla concede alle scenografie, dove protagonista è la parola, accentuata dalla traduzione moderna di Raul Montanari. Non secondaria al raggiungimento di questo esito nuovo e vivo l’importanza della compagnia de Gli Incamminati, fondata ventisei anni or sono, che ci ha abituato ad un teatro continuamente diverso di fronte sia al repertorio classico, sia al repertorio contemporaneo. Un folto numero di interpreti, cresciuti alla scuola di Franco Branciaroli, ha portato in scena fianco a “In Exitu”, “Erodiade”, “Post Hamlet”, “Confiteor” di Testori, il “Miguel Manara” di Milosz, “Assassinio nella Cattedrale” di Eliot; ”Antigone “ e “Edipo Re” di Sofloche; “Medea” di Euripide;“Riccardo III”,“RE Lear”, “Otello”, ”La Bisbetica domata”, fino a “Cos’è l’Amore”, opera attuale ispirata all’Antigone, nella riscrittura di Franco Branciaroli.
Scandiano (Reggio Emilia), Teatro Boiardo, 26 Aprile 2009
Visto il
al
Sociale
di Brescia
(BS)