Danza
EINSTEIN ON THE BEACH

“Einstein on the Bea…


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“Einstein on the Beach” è un'opera composta da Philip Glass, progettata e diretta da Robert Wilson. Essa contiene anche scritti di Christopher Knowels, Samuel M. Johnson e Lucinda Childs.
Primo e più lungo spartito per opera di Philip Glass, della durata approssimativamente di cinque ore, “Einstein on the Beach” è effettivamente un'opera di Wilson (direttore) orchestrata da Glass.
L'opera fu eseguita per la prima volta il nel 1976 al Festival di Avignone, poi di nuovo in vari teatri europei nel 1984 e 1992. L’allestimento presentato al teatro Valli, unica occasione italiana per vivere questa esperienza, si rifà alla rappresentazione del 1984.
Il libretto, privo di trama, dell'opera consiste di sillabe solfeggiate, numeri e brevi segmenti di poesia o testo che si sviluppano sui temi della relatività generale, delle armi nucleari, della scienza e della radio. Più che divisa in quatto atti, l’opera consiste di nove scene di 20 minuti separate da ciò che Wilson chiamò knee plays. Non ci sono interruzioni. Gli knees creano il tempo necessario per cambiare lo scenario dei sette sorprendenti allestimenti di Wilson, che furono elaborati attentamente per esercitare un'azione reciproca alla musica. Ma non si tratta di un’opera narrativa. L'opera richiede un'orchestra costituita da sassofono soprano, organo elettrico, flauto, basso clarinetto, sassofono alto ed una o due tastiere addizionali. Sulla scena appaiono vari solisti, due cori (rispettivamente di 14 e 6 persone), ballerini e quattro attori.
Glass sviluppa una musica caratterizzata al tempo stesso dalla ripetitività degli stessi schemi solo gradualmente trasformati e da sonorità fortissime. L'interesse fondamentale di Glass è nella “performance”, che realizza il suo ideale di musica creata come “presenza” in un'unione di musicisti e pubblico.
Quest’opera può essere una sorta di folgorazione sulla via di Damasco per gli amanti della musica teatrale, scompone tutte le concezioni classiche. “Einstein on the Beach” può essere descritta come una serie di quadri scenografici, intermezzi di danza e recitazione, la cui musica è eseguita da una dozzina circa di coristi, un violinista (l’Einstein del titolo) con cantanti, fiati e tastiere. “Einstein” inizia con un treno e finisce con un autobus.In mezzo ci sono un’aula di tribunale, una prigione, la wilsoniana firma in un monolite luminoso che si muove lentamente, una visita al supermercato, amanti su una panchina e altro ancora. Einstein sta seduto sul proscenio e suona furiosamente con il suo violino per gran parte della serata. Il coro appare e scompare dalla vista. La musica inizia e finisce quando lo spettatore desidera, senza rischi di perdita di trama, fluisce in modo indeterminato, ma al contempo rigorosa.
Le coreografie di Lucinda Childs collegano i vari quadri, in una danza ipnotica che è come un loop recitativo. Il tempo in quest’opera viene suddiviso quasi in fette sottili, eseguite assieme a dare vita ad una misura più ampia. 
Sul significato di quest’opera tutte le interpretazioni sono aperte, ma io non credo significhi alcunché di preciso: fa riferimento al tempo in cui è stata scritta, all’era atomica, alla giustizia, all’estetica. Credo che la cosa migliore sia considerare ciò che non è: non è un’opera nel senso classico del termine; non segue le regole di unità di tempo e spazio; non ha un vero inizio, un crescendo, una fine; non c’è un’overture che prepari lo spettatore a ciò che sta per accadere. E’ lo spettatore stesso che crea la sua trama personale.
Bisogna guardare la scena cambiare, le luci giocare con la musica e con lo spazio e fluire con essi. Bisogna perdersi in questa matematica linearità, nell’ossessività dei suoi ritmi, nella bellezza delle sue scene, nell’eleganza delle coreografie, come in un sogno di astrazione millimetrica.
Sono quasi cinque ore che sembrano durare dieci minuti, che proiettano lo spettatore in una dimensione che sfugge alle leggi fisiche intuitive, che sollecitano integralmente i sensi e la sensibilità.

Visto il 24-03-2012
al Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia (RE)