Lirica
FALSTAFF OSSIA LE TRE BURLE

Cinquant'anni dopo, Falstaff di Salieri torna al Filarmonico di Verona

Cinquant'anni dopo, Falstaff di Salieri torna al Filarmonico di Verona

Povero Falstaff, quali bassi epiteti ti affibiano nell'opera che ti dedica Antonio Salieri, su versi dell'istriano Carlo Prospero Defranceschi. “Cavaliere attempato d'una grassezza deforme”, “ambulante barilotto”, “tinozza ambulante”, “buzzone,  “insolente ubriacone”, e via di questo passo. Eppure alla fin fine resti la simpatica figura che ti tagliò addosso, sarto abilissimo, il Grande Bardo dell'Avon: quella d'uno spirito gaudente, bevitore incallito sempre a corto di quattrini, e corteggiatore interessato di mogli altrui.

Un'opera giocosa scritta per Vienna

Falstaff/ossia/Le tre burle, opera comica in due atti data con ottimo successo a Vienna nel gennaio 1799. venne scelta nel gennaio 1975 per inaugurare il ricostruito Teatro Filarmonico di Verona e vi ritorna cinquant’anni dopo, ovviamente in veste inedita, nell'ambito del Festival Mozart a Verona 2025. Nuovo l'allestimento affidato a Paolo Valerio; nuova l'edizione critica di Elena Biggi Parodi, massima esperta del compositore veneto, che raccolto e messo a confronto tutte le fonti d'epoca disponibili di tale lavoro. 

Viene in tal modo riproposto in apertura di stagione un lavoro che, pur essendo rispuntato di tanto in tanto – dapprima nel 1961 alla Chigiana di Siena, poi nel 1975 a Trieste, nel 1987 a Parma, nel 1997 a Pavia; più qualche ripresa in Germania e Francia, e una buona disponibilità di registrazioni - meriterebbe senz'altro maggiore presenza sulle scene liriche.

Un fluire di conversazione musicale

Perché di pregi il libretto e la partitura ne hanno, e tanti. Salieri non possedeva la genialità di Mozart, ma un solido mestiere ed un cospicuo talento drammaturgico sì. Ed a parte la vorticosa teatralità in cui si mescolano bene stile nobile e stile buffo, scuola napoletana e riforma gluckiana, questo suo Falstaff ha in dote fresca musicalità, uno strumentale cristallino e variegato, invenzioni melodiche continue in un impiego generale di piccole forme chiuse - pochissime grandi arie, tante cavatine - che si succedono senza interruzioni. Nonché recitativi brevi e spediti, a tener viva l'azione in un delizioso fluire di conversazione musicale.


Va da sé che tutto ruota intorno al protagonista, che qui è reso con piglio autorevole, vocalità raffinata, ammiccante humour – il suo è un simpaticissimo gaglioffo - da Giulio Mastrotaro, una delle voci più interessanti delle ultime generazioni. 

Ma molto spazio si prendono anche la mordace mistress Ford e il geloso mister Ford: resi dalla disinvolta Gilda Fiume, voce da soprano lirico leggero dal colore gradevole, per nulla intimorita dalle frequenti colorature, comicamente irresistibile se travestita da contadinella bavarese; e da Marco Ciaponi, buon tenore di grazia capace di un canto aristocratico e morbido, e di buona indole attoriale. Anche lui spassoso allorché in calzoni tirolesi si presenta a Falstaff cadendo preda di tic nervosi al pensiero d'essere tradito.

Amica e complice

Laura Verrecchia rende con tellurica energia e franca simpatia l'amica/complice Mrs. Slender. Tre voci fresche di studi, voci di buon carattere e promettenti fanno il resto: sono quelle del baritono Michele Patti (il flemmatico Mr. Slender), il basso Romano Del Zovo (il servo Bardolfo, parente non troppo lontano del Leporello mozartiano) e Eleonora Bellocci (la cameriera Betty, cui tocca una tipica “aria da sorbetto'). Anche il Coro curato da Roberto Gabbiani – impegnato più che altro in scene 'di colore', se la cava egregiamente.

Musica e scena a braccetto

Francesco Omassini, dal podio dell'orchestra areniana imposta una concertazione di superiore livello: molto dinamica, stilisticamente consapevole, attenta tanto all'architettura generale quanto ai valori coloristici. Pone la necessaria cura ai piccoli dettagli– i tanti interventi concertanti, sopra tutto dei fiati, lo vedono interprete fedele – in una vivida proiezione generale della partitura.

Paolo Valerio 

propone per l'occasione un allestimento dallo spirito piacevolmente rococò, lineare, luminoso e piacevole, con dinamico uso di mimi; e non lesina sugli accurati e deliziosi costumi settecenteschi, realizzati dall'Atelier Stefano Nicolao. In scena stanno dei grandi pannelli rotanti, dove sono proiettate ariose e suggestive immagini veneziane, dunque Falstaff finisce semiaffogato non nel Tamigi, ma in un rio lagunare; le dobbiamo al projection design di Ezio Antonelli. Le luci sono di Claudio Schmid.

Visto il 22-01-2025
al Filarmonico di Verona (VR)