Prosa
IL BELL'ANTONIO

Una vita nella menzogna

Una vita nella menzogna

Continua il progetto, con il patrocinio dell'Ordine dei Giornalisti delle Marche, con cui gli studenti abbonati a San Severino recensiscono gli spettacoli al Feronia.

Il romanzo “Il Bell’Antonio” di Vitaliano Brancati è stato adattato per il teatro da Antonia Brancati, figlia dell'autore, e da Simona Celi. La storia resta la stessa e si è ben riusciti a ricostruire l'atmosfera della Sicilia degli anni Trenta, anche grazie alle scene e ai costumi curati da Carlo De Marino: un lucido nero circonda il palcoscenico e riflette le ombre dei palchi, creando effetti claustrofobici e inquietanti. Precise le luci di Franco Ferrari ed evocative le musiche curate da Harmonia Team. Va ricordata la regia di Giancarlo Sepe, uno dei grandissimi del teatro italiano, che ha mantenuto il senso del romanzo ma creando quel movimento e quell'attesa che consentono, a teatro, di seguire bene uno spettacolo.
Antonio, bellissimo ragazzo originario di Catania, vive la sua gioventù nel pieno del periodo fascista per poi trasferirsi a Roma dove avrà la fama di dongiovanni. Dopo un lungo dialogo con lo zio decide di tornare a Catania, dove il parroco espone le proprie preoccupazioni alla madre di Antonio perché sapeva che avrebbe portato un grande scompiglio tra le ragazze della parrocchia. Ad Antonio viene svelato l’accordo che suo padre aveva preso col notaio Puglisi per farlo sposare con la figlia Barbara (era ben noto che Antonio fosse molto influente a Roma e, conoscendo Mussolini, avrebbe indirizzato le decisioni del partito evitando che alcuni territori della famiglia Puglisi potessero essere riacquisiti dallo Stato). Dopo aver incontrato per la prima volta la sua promessa sposa, se ne innamora perdutamente, autoconvincendosi di volerla sposare e distruggendo le fantasie della vicina di casa, Elena, sua innamorata ormai da anni. Dopo due anni dal matrimonio una mattina Elena e suo padre si presentano in casa dei Magnano per annunciare loro che presto Barbara avrebbe lasciato Antonio per un altro uomo, nobile e più ricco. Dopo un anno il notaio Puglisi rivela ad Alfio che il matrimonio tra i loro figli sarebbe stato annullato dalla Sacra Rota perché sua figlia “era rimasta tale  quale a come era uscita di casa”. Antonio non era quello che tutti credevano, ma più semplicemente un uomo che cercava di celare la sua impotenza raccontando bugie. Alfio (sconvolto da ciò che aveva saputo) confessa alla moglie di averla più volte tradita.
Nello spettacolo emerge il vuoto morale che l’eccessiva ostentazione della virilità cerca, inutilmente, di nascondere: l’ironia diventa allora un mezzo per esprimere sarcasmo e per denunciare viltà politiche e sociali. Il testo resta esemplare come lucido affresco dell’Italia fatto attraverso un meccanismo concentrico che, dalla dimensione nazionale e dalla storia di un paese in difficoltà durante il periodo fascista, fotografa una microstoria in Sicilia. Una storia che resta ancora di drammatica attualità: troppe persone sono costrette a vivere, per varie ragioni, nella menzogna. Persone solitamente miti e gentili che, convinte da una società chiusa ed egoista di essere altro, finiscono per diventare estranee a se stesse vivendo una vita disperata nell'anima dietro l'apparente normalità e fino a quando non succede un “incidente”, solitamente un cedimento psicologico oppure lo scoprire una “bugia” come nel caso del Bell'Antonio.
Bravissimi tutti i protagonisti, a cominciare dalla storica coppia del teatro italiano Andrea Giordana e Giancarlo Zanetti (rispettivamente il padre e lo zio di Antonio), ma anche Luchino Giordana (figlio di Andrea anche nella vita) nel ruolo del titolo e Simona Celi.
Lo spettacolo, tutto esaurito al Feronia, ha avuto uno straordinario successo di pubblico con ripetuti applausi nel finale; nell'occasione sono stati raccolti fondi per Medici senza Frontiere e gli attori hanno avuto in dono romanzi Garzanti.

Visto il
al Donizetti di Bergamo (BG)