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IL CALAMARO GIGANTE

Il calamaro gigante: uno spettacolo triste in cui si ride moltissimo

Il calamaro gigante: uno spettacolo triste in cui si ride moltissimo

Il Calamaro Gigante: uno spettacolo triste che fa ridere moltissimo. E questo, pensiamo, era proprio l’obiettivo che voleva raggiungere Angela Finocchiaro, la Woody Allen dè noantri. 

Se ti vuoi fermare in superficie, ridi per le battute nevrotiche contemporanee della protagonista e per le sue reazioni alla situazioni paradossali create in scena. E stop. Esci dal teatro rilassato e sereno dopo un’ora e tre quarti brillanti.

Un'assicuratrice contro la paura 

Se vuoi scendere giù, molto giù, se vuoi approfondire il significato vero di questa commedia, ti tocca confrontarti con le tematiche legate all’inconscio personale e collettivo, con gli archetipi e il bisogno di mitologie diffuse in cui riconoscersi per sentirsi parte di una stessa specie: con tutte le paure profonde che provoca l’avventurarsi in certi territori interni ed esterni alla tua mente. E allora si ritorna in superficie: alla battuta nevrotica, spiazzante, urbana alla Woody Allen-Finocchiaro, che serve ad esorcizzare la paura. 

Ma tanto è inutile, perché non puoi scappare dalla psicologia e quindi dalla paura collettiva che ti appartiene in quanto essere umano. 


Uno spettacolo triste che fa ridere, si diceva appunto. Una protagonista che passa la vita a rifugiarsi nel suo mondo di illusorie sicurezze, fatto di pratiche assicurative dove tutto quello che può accadere è già stato previsto in un modulo burocratico: e se accade è comunque già stabilito un risarcimento.

Il teatro-danza costruisce la scenografia

Le scene non ci sono. Tutto si limita a un paio di carrucole, con cime e bozzelli che evocano il sartiame delle navi a vela del passato. Ci sono grandi teli bianchi che di volta in volta ricordano le vele, appunto. Oppure il mare in tempesta; o un’isoletta in mezzo all’oceano; o un mostro marino che ti ingoia all’improvviso. 


A muovere i teli (sopra, sotto, di lato) creando ogni volta qualcosa di diverso sono otto bravissimi attori di teatro-danza, capaci di fare tutto: dalle acrobazie, ai mimi, dal canto alle ombre cinesi, alla recitazione. Eccezionale quando riescono a trasformare l’ombra dei loro corpi in una barca nel mare in tempesta con persone a bordo.

L'irrazionale va in scena sullo schermo

La parete posteriore è uno schermo. Sullo schermo la computer grafica crea mari agitati, navi, barche, onde e soprattutto enormi tentacoli che arrivano a ghermirti per portarti a fondo. Ma evoca anche la dolce nonna della protagonista, che cerca di indurre la nipote Angela ad aprire la mente alle possibilità e alle verità dell’irrazionale. Ovviamente la nipote si rifiuta e fugge per la paura. Ma tanto è inutile, si diceva prima: non puoi sfuggire alle paure dell’inconscio.


E quindi Angela ci si ritrova in mezzo, a combattere con il mostro vero: dopo avere per sua sfortuna chiesto e ottenuto la fine del mondo, al culmine di un momento di incazzatura con l’Universo. 

Un ottimo Bruno Stori nei panni dello scienziato esploratore Montfort le regge il sacco, mentre la fantasia si incrocia con la realtà e le storie di mostri veri ritrovati si incrociano alle biografie di altri scienziati-esploratori e visionari destinati a non essere creduti. Il lieto fine? Non c’è.

Visto il 13-03-2024
al Ivo Chiesa di Genova (GE)