Musical e varietà
IL FLAUTO MAGICO SECONDO L'ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO

La magia della contaminazione

La magia della contaminazione
Genova, teatro Carlo Felice, “Il flauto magico secondo l' Orchestra di Piazza Vittorio” LA MAGIA DELLA CONTAMINAZIONE L'originale Flauto magico visto al Carlo Felice è uno spettacolo nato qualche anno fa per il teatro di strada, dietro suggerimento di Daniele Abbado, in occasione della Notte Bianca di Reggio Emilia, che trae ispirazione dal capolavoro mozartiano ma lo rielabora profondamente per l’inserimento di generi musicali diversi come il jazz, la musica etnica, il pop, il reggae, il folk. Un Flauto multietnico, nelle intenzioni degli autori “un racconto orale di una materia divenuta mito e tramandata dalle varie culture”, a cui dà voce l’orchestra di Piazza Vittorio, ensemble nato nel 2002 a Roma in un quartiere a forte presenza etnica da cui per l’appunto prende il nome e composto da una ventina di musicisti di varie etnie. Uno dei capolavori musicali della tradizione occidentale “colta” viene così riletto alla luce di diverse esperienze musicali e risulta materia ideale con cui giocare in una rielaborazione che si distingue per la notevole capacità di arrangiamento e improvvisazione dei musicisti. Lo spettacolo, di fatto un concerto in forma semiscenica, prevede tre schermi che proiettano grafiche colorate in movimento e acquerellate in modo naif dove appaiono animali, flauti, scorci esotici che si collegano a quell’Egitto di fantasia immaginata da Schikaneder. Per accelerare la narrazione (lo spettacolo è una versione decisamente ridotta dell’opera) e risolvere il problema del parlato del “Singspiel”, vengono proiettate sullo schermo, sotto l’accompagnamento del pianoforte, sequenze di foto corredate di didascalie che richiamano con una certa ironia il cinema muto piuttosto che i fotoromanzi. Un narratore, Omar Lopez Valle, tiene con umorismo le fila del racconto e introduce i personaggi che, in una struttura “a numeri“, si esibiscono in assoli o pezzi d’insieme, ognuno nella propria lingua (arabo, tedesco, spagnolo, inglese, brasiliano) e col proprio stile. Il Principe Tamino (Awalys Ernesto Lopez Maturell) non canta, ma fischietta a regola d’arte le melodie accompagnandosi con percussioni e passi di danza; la Pamina folk di Sylvie Lewis, scalza e con la chitarra alla collo, ricorda cantautrici americane come Carly Simon ed è il personaggio che riserva maggiori sorprese in quanto, in una divertente rivisitazione del famoso PA -PA, la fanciulla di uomini ne vorrà due: il principe Tamino e l’esuberante afro-giamaicano Papageno (El Hadji Yeri Samb) e il PA .. PA.. diverrà PA .. TA sotto gli occhi divertiti del pubblico. Petra Magoni è un’affascinante Regina della notte per il trasformismo vocale che, a partire dalle note picchiettate, magistralmente riprese dalle percussioni, ripercorre il ‘900, Schönberg, Brecht, il jazz, fino a identificarsi con Yma Sumac ( “degenerazione” eccellente della Regina della Notte) e soccombere a passo di mambo al fascino di Sarastro (Carlos Paz) vestito d’oro come un inca da kolossal. Il divertente Monostatos di Houcine Ataa è un cantante pop arabo le cui melodie orientaleggianti, melense e uguali, risultano sintoniche con il moro innamorato senza speranza di Mozart. Lo spettacolo si fonda sulla bravura di un’orchestra affiatata e precisa, dove strumenti insoliti, come la kora (strumento a corda dalle sonorità suggestive), il tamburo tabla, il dum dum, le congas cubane, convivono con gli archi della musica colta o le trombe del jazz per generare una materia musicale omogenea e trascinante. Anche se la partitura originale è stata trattata con estrema libertà e siamo ben lontani dall’universo mozartiano, lo spettacolo è scandito da melodie riconoscibili che entrano in sintonia con gli altri spunti musicali. La contaminazione diverte anche i melomani che apprezzano la variazione come la ripetizione di un tema noto da parte di strumenti diversi (per esempio il tema della frase oracolare del Sacerdote che chiude il colloquio con Tamino ripetuto in crescendo in modo ossessivo) o l’uso “improprio” di una melodia, come l’aria di Pamina “Ach, ich fühl’es” cantata sia dalla Regina della Notte in un momento di sdoppiamento della personalità che ne rivela un’insolita dolcezza piuttosto che da Pamina stessa. Per la direzione disinvolta e sicura di Mario Tronco (direttore artistico e musicale) e l’alto livello musicale di orchestra e solisti, lo spettacolo corre veloce, sorprende e soprattutto diverte un pubblico giovane ed eterogeneo. Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 4/02/2010 Ilaria Bellini
Visto il
al Biondo (Sala Grande) di Palermo (PA)