In un Cuore riscritto nell’Italia multietnica, Garrone, l’alunno che porta a scuola il peso di una vita difficile, oggi si chiamerebbe Rachid. Un giovane marocchino che arriva in classe dopo ore di lavoro al mercato del pesce è oggi protagonista dell’ultimo monologo di Pino Petruzzelli, Il ragazzo che amava gli alberi in prima nazionale al Duse di Genova.
Rachid , a dire il vero, per come accoglie il nuovo insegnante approdato in classe ricorda anche la pecora nera Franti, ma subito la stanca sfrontatezza si dissipa e da modo all’insegnante di scoprire un’anima e le sue difficoltà , contro le quali da solo riesce a fare poco o nulla. Molto bravo nelle ultime stagioni nell’affabulare e declinare la metafora del viaggio, Petruzzelli si sofferma invece questa volta sul desiderio di mettere radici. E’ questo il senso dell’attrazione quasi fatale di Rachid per il verde che trova dopo il suo approdo, che paragona alle palme della sua terra con un misto di nuove speranze e nostalgia e che, durante una gita scolastica, sarà allo stesso tempo insidia e ancora di salvezza.
Petruzzelli, che si è ormai imposto tra i più grandi protagonisti del teatro di narrazione, si avventura in un percorso più difficile del solito, sospeso tra descrizioni realistiche e apologo. Perfino la cronaca, a volte, nel raccontare la nuova realtà e le tragedie che l’Europa fronteggia, non è immune dalla retorica. E il “cantastorie”, in molti passaggi, non si sottrae a un’enfasi che non gli è propria. Nell’intonazione della voce e dei gesti, l’urgenza del messaggio politicamente corretto finisce così per prevalere, suo malgrado, sulle emozioni più profonde.
Se, durante il rodaggio delle repliche, Petruzzelli deciderà per uno stile più prosciugato, se lo potrà permettere, per le frecce che ha da sempre nel suo arco e anche grazie alle soluzioni adottate in questo caso: la convincente voce fuori campo di Rachid, affidata a Giacomo Petruzzelli, i video di Marco Garlando e Ludovica Gibelli sullo sfondo, le note che accompagnano la musicalità vocale.