Lirica
LA CENERENTOLA

Una Cenerentola inglese per concludere con Rossini la stagione 2020 del Teatro Pavarotti di Modena

Cenerentola
Cenerentola © Rolando Paolo Guerzoni

Molto english style, l'adorabile Cenerentola con la quale il Teatro Comunale Pavarotti di Modena ha siglato una stagione autunnale varata con Traviata, proseguita con Dido & Aeneas, con i Concerti per piano beethoveniani eseguiti da Alexander Lonquich, ed altre cose interessanti. Sempre a sala vuota, ma tutto offerto sul canale YouTube di OperaStreaming, e con una apprezzabile qualità audio/video. Un'offerta generosa, a testimonianza della vitalità del teatro emiliano e del suo ostinato contrapporsi alle contingenti avversità. Il frizzante capolavoro di Rossini, vera benedizione del Cielo, è stato registrato a S, Stefano ma messo online a fine anno. Resterà disponibile a lungo a questo link, non perdetevelo!

Un tuffo nell'Inghilterra dell'Ottocento

Se parliamo di atmosfere britanniche non è casuale, dal momento che non solo Aurelio Colombo per le sue scenografie si è ispirato all'orientaleggiante Royal Pavilion di Brighton, curiosa residenza marina di cui evoca la spaziosa cucina, mentre Nicola Berloffa riveste i personaggi con belle mises britanniche di metà '800 risparmiandoci, per una volta, le solite estrose bizzarrie per Tisbe e Clorinda, entrambe abbigliate con discreta leggiadria salottiera. Ed è sempre che elabora per noi una drammaturgia di significativa sensibilità, assecondando benissimo il fluire della tenue vicenda comico-sentimentale assemblata dal Ferretti. 


Una messinscena che si mantiene in bilico tra sulfurea ironia nei ruoli buffi, e delicato romanticismo in quelli amorosi: quelle stesse cose, cioè, cifre e cardine propri del teatro comico del Pesarese. Fatti i conti, una regia accorta e snella, senza nessuna stravaganza, che vive di piccoli efficaci tocchi, e che punta su interessanti dettagli recitativi.

Una Cenerentola non supinamente remissiva

Basta osservare come alla protagonista – Paola Gardina –  il giovane regista cuneense suggerisca certi minimi ma significativi gesti che l'allontanano dalla solita remissività, facendoci intravedere un caratterino un po' più volitivo, che all'occorrenza sa tirar fuori le unghie. E difatti non la troviamo a spazzare la cenere, ma intenta a leggersi un buon libro davanti al caminetto, vestita con domestica diligenza; e la vediamo tener testa, in certi momenti, alle capricciose sorellastre. Che poi il giovane mezzosoprano rodigino l'Angelina rossiniana, ben lontana da quella di Perrault, la sa interpretare benissimo. 

Deliziosa la verve attoriale, che denota un forte l'istinto teatrale, indubbia la congenita, squisita musicalità; la voce chiara ed ampia, con belle bruniture morbide, l'aiuta a infonderle uno charme quasi adolescenziale, mentre la linea vocale si fa apprezzare per nitore, liquidità, rutilante scioltezza nelle colorature. Antonino Siragusa si trova perfettamente a suo agio nei panni di Don Ramiro, per raffinata accentazione, esuberanza di timbro, facile squillo, nobile fluidità.


Nicola Alaimo caratterizza con aristocratico umorismo il suo Don Magnifico, con corposo fraseggio e voce ben proiettata; brioso interprete rossiniano, non scivola nella solita cialtroneria, anche nell'irrefrenabile vortice alcoolico di “Conciossiacosaché”. Lascia un po' a desiderare il trentenne baritono bielorusso Nikolay Borchev, che pure il ruolo di Dandini l'ha già cantato a Edimburgo e Lione. Siamo devoti idolatri rossiniani, abbiamo altre pretese; e deploriamo quindi una dizione ed un fraseggiare incerti, suoni spesso asprigni, poca finezza e colorature approssimative. 

Il basso Ugo Guagliardo è un Alidoro tenebroso e legnosetto, impacciato e poco nobile nell'aria «Là del ciel». Encomiabili per risalto vocale e garbata presenza scenica Floriana Cicio, Clorinda, ed Ana Victória Pitts, Tisbe. Due figure ben cantate da capo a fine, e ben recitate senza i soliti squittii e cachinni. Rossini ringrazia dall'alto dell'Empireo.

Una direzione all'insegna dell'equilibrio

Concertazione e direzione sono di Aldo Sisillo. Stando al timone dell'Orchestra Filarmonica Italiana ci offre una lettura garbata e precisa, molto fluente nel ritmo ed indirizzata verso un'estrema levità; puntando cioè sulla trasparenza della partitura, sulla varietà dinamica e sulla ricerca dei colori. E lo percepiamo molto ligio allo scavo dei mille dettagli strumentali, sin dalla luccicante resa della Sinfonia

Naturalmente, si giudica da remoto, con i limiti del caso... ma se ci fosse un minor riserbo espressivo da parte del podio - un po' di bollicine in più, diciamo - saremmo stati ancora più contenti. Il Coro Lirico di Modena, amministrato da Stefano Colò, tiene fede alla sua preparazione.

Visto il 30-12-2020