Lirica
LA CLEMENZA DI TITO

Tito in epoca neoclassica

Tito in epoca neoclassica

Per la prima volta a Modena, La Clemenza di Tito ha affascinato il pubblico che gremiva il teatro Comunale. Il genio di Wolfang Amadeus Mozart creò nel 1791 la musica per La Clemenza di Tito, opera seria e suo ultimo capolavoro. Scritta in occasione dei festeggiamenti per l’incoronazione a Re di Boemia dell’Imperatore Leopoldo II, venne commissionata dai rappresentanti degli Stati Boemi. Andata in scena ai Teatri degli Stati di Praga il 6 settembre 1791 (Mozart morì dopo solo due mesi) senza troppo successo, l’opera è caduta pian piano e ingiustamente nell'oblio fino alla seconda metà del ‘900. La clemenza di Tito, in realtà, è un vistoso passo all’indietro compiuto dal Maestro salisburghese, stilisticamente parlando, rispetto al cosiddetto trittico; vanno considerati tuttavia i gusti retrivi del pubblico austriaco, ancora legato con la Corte ai soggetti mitologici ed incapace di apprezzare le novità affrontate da Mozart nelle sue precedenti opere.

L’allestimento proviene dal teatro Petruzzelli di Bari ed è opera del regista Walter Pagliaro, che si è avvalso delle scene e dei costumi di Luigi Perego. La vicenda è ambientata nella Roma del 79 d.C, ma Walter Pagliaro posiziona il dramma in una realtà neoclassica che riporta all’Inghilterra georgiana o alla Francia napoleonica, dove le corone di alloro e gli abiti stile impero si intrecciano agli ideali romantici. La splendida scena unica che avvolge lo spettatore è la cupola di un Pantheon o un tempio rovesciato che abbraccia il pubblico e lo porta nei drammi dell’opera e nei sentimenti dei personaggi. Il colpo d’occhio è di bell’effetto e monumentale, specie nelle scene d’insieme e soprattutto grazie ad un intelligente uso delle luci, opera di Andrea Ricci. Pagliaro realizza una regia ben studiata e raffinata, che non stanca e rende efficacemente la vicenda e si intreccia a piene mani con la splendida musica mozartiana; ha cercato – riuscendoci - di mettere in scena e di raccontare al pubblico cosa dovrebbe essere un buon governante e cosa significa questo continuo interrogarsi di Tito sulla possibilità di poter regnare non in maniera cruenta, ma in modo più consapevole e maturo. Il personaggio di Tito emerge indubbiamente come campione di bontà e magnanimità. Una regia che dovrebbe far riflettere sulla saggezza del buon governo, ma che si fa ammirare soprattutto per la bellezza d’insieme e la cura con cui vengono portati in scena i personaggi e il fascino della scena e dei costumi. Tuttavia quando Pagliaro insiste su una lettura troppo psicoanalitica ed erotica della vicenda perde quella linearità e quella grazia che ha voluto dare.

Paolo Fanale, nella parte dell’Imperatore romano, scenicamente imponente anche se con capacità attoriali da migliorare, ha dato prova di possedere una bella voce sorvegliata, con un buon colore e di buon spessore timbrico, l’emissione è tersa e luminosa.
Appassionata e veemente la Vitellia di Teresa Romano: bella voce certamente, il ruolo le sembra cucito addosso, la coloritura le permette di avere un suono decisamente rotondo, però la robustezza della voce le fa perdere lo stile mozartiano a favore di un canto a volte troppo urlato (molto apprezzato dal pubblico il suo Non più di fiori vaghe catene).
Il mezzosoprano Gabriella Sborgi è stata un Sesto appassionato ma poco virile, brava, con proprietà vocale e di stile, anche se la voce non è propriamente adatta al ruolo.
Delicata e dolce Aurora Faggioli nel ruolo en travesti di Annio, voce corretta e appropriata.
Ruzan Mantashyan, pienamente nel ruolo di Servilia, ha dimostrato di possedere  una voce soave, corretta e dalle linee morbide, corposa nei centri e sicura in acuto.
Il baritono moldavo Valeriu Caradja, in un credibile Publio, ha dato prova di avere una voce pastosa, sicura nell’intonazione con buona interpretazione.

La direzione del maestro canadese Eric Hull, specialista nel repertorio settecentesco, alla guida dell’Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna, è lieve e assai piacevole, i tempi sono rapidi e coerenti quel tanto che basta a rendere la partitura mozartiana piacevole e mai stancante, ma incisiva ed equilibrata.
Buona – anche se breve – la prova del Coro Lirico Amadeus-Fondazione Teatro Comunale di Modena, preparato dal maestro Stefano Colò.

Teatro Comunale esaurito, con un pubblico ammirato per questo Mozart poco conosciuto, che ha tributato grandi applausi alla regia e ai cantanti.

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