La vita di Marianna Ucria in un’emozione teatrale

Raffaella Azim in “La lunga vita di Marianna Ucria”
Raffaella Azim in “La lunga vita di Marianna Ucria”

Alla luce delle violenze che si consumano quotidianamente contro le donne e che l’impatto “senza rete” con altre culture moltiplica sulle pagine di cronaca in maniera esponenziale, “La lunga vita di Marianna Ucria” che Lunaria ha riproposto nella sala del Minor Consiglio di palazzo Ducale con regia di Daniela Ardini e alla presenza dell’autrice Dacia Maraini, si carica di un’attualità particolarmente forte, più urgente di quella che tutti i classici, sempre in qualche modo nostri contemporanei, possono vantare.

Un testo di riscatto

Raffaella Azim, nel ruolo della protagonista, non dimostra una tesi ma racconta la storia di prevaricazione e di riscatto ambientata nella Sicilia del Settecento. Ed è straordinaria la sua capacità di lasciar trasparire, attraverso tutti gli accenti di una passione lacerante e spesso anche implosa, quell’affresco sociale che in una pregevole dello Stabile di Catania allestita alla fine degli anni Novanta e ripresa nel 2005, ha visto scendere in campo una ventina di personaggi.

In questo caso, accanto a Marianna, nobile ragazzina siciliana sorda a muta che viene data in sposa tredicenne a un vecchio zio per “risarcirla” di uno stupro e invece trova nella cultura il suo riscatto, c’è soltanto la fedele serva Fila. E’ interpretata da Francesca Conte che esprime con freschezza una condizione altrettanto disperata ma subalterna e l’incapacità uscirne da sola.

Non disturbare

La scena di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza è concepita per non “disturbare” qualsiasi possibile ambientazione dello spettacolo, anche di per sé ricchissime di arte e testimonianze storiche come in questo caso. Basta un abito settecentesco dai riflessi dorati, del quale Marianna si libera subito con l’aiuto di Fila, sistemandolo su un manichino, per rendere l’idea della gabbia che imprigiona tante donne della loro epoca.

E non solo. Un’interprete Lis che, con il suo linguaggio senza parole, traduce il monologo anche per gli spettatori che non possono sentire, non è un elemento di distrazione ma aiuta tutti ad entrare ancora meglio nel dramma: un’ora di riflessioni che non rendono meno acute le emozioni.


Spettacolo: ” La lunga vita di Marianna Ucria”
Visto a Palazzo Ducale di Genova.