Extra
L'ESAUSTO O IL PROFONDO AZZURRO

Dal primo atto, due uomini ve…

Dal primo atto, due uomini ve…
Dal primo atto, due uomini vestiti come vagabondi, che evocano Estragone e Vladimiro, sono seduti su una panchina. Sono lì non perché un tale Godot ha dato loro appuntamento, ma perchè... non ci è dato di saperlo. Forse sono Lorenzo Gleijeses e la sua ombra, talvolta parte di unica persona, talvolta nemici. L'esausto vuole esplorare l'universo di Beckett o, meglio, si serve dell'universo di Beckett per porsi nuovamente interrogativi sull'esistenza, sull'incapacità di vivere e sul fascino della soluzione estrema del suicidio. La pièce teatrale di Lorenzo Gleijeses, figlio d'arte, è un vortice di tecnica, gestualità, parole che turbinano dallo spazio scenico allo spazio dell'interiorità. Distaccandosi dalla tradizione della commedia del padre Geppy, ma lasciandosi sfiorare dalle incursioni della cultura partenopea, Lorenzo propone una Rassegna racchiusa nel “progetto speciale Lorenzo Gleijeses”, in scena al Teatro India fino al 14 giugno. Con “Il figlio di Gertrude” si attraversa l'intimità dell'attore stesso, il rapporto con la madre, le proprie radici, mentre ne “L'esausto” il discorso si amplia ad un punto di vista universale e Lorenzo fa ricorso all'opera di Beckett, rivoluzionatore del teatro contemporaneo, come d'altronde lui stesso si è rivoluzionato, nel suo personale percorso artistico, rispetto alle prime conoscenze teatrali dell'infanzia. Attraverso la tecnica e gli esercizi di stile, i gesti, la voce i movimenti, tutto è calcolato, preciso, studiato; tutto è frutto dello studio severo del teatro nordico del Odin Teatret. Vincitore del Premio UBU con “Il Figlio di Gertrude” questo è il risultato del lavoro svolto insieme a Julia Varley del Odin Teatret, che ne cura la regia. La forte capacità espressiva, unite alla tecnica, permettono a Lorenzo di passare facilmente dal rigore accademico dei gesti alla spontaneità del teatro partenopeo. Impersonare la figura de 'o pazzariello assume un significato più vasto: la pazzia è presente in tutta l'opera, quasi come soluzione all'impossibilità di risolvere la tragica realtà dell'esistenza. Il profondo azzurro che si vede alla fine è, come ci ricorda la regista, l'immagine della libertà dei giovani d'oggi. Perchè i pesci continuano a nuotare? Certo non per un senso storico, ma solo per continuare a vivere. Roma,09/06/09 Teatro India
Visto il
al India - sala A di Roma (RM)