Lirica
LINDA DI CHAMOUNIX

Una Jessica Pratt tenera e avvincente inaugura in streaming con “Linda di Chamounix” la Stagione del Maggio Musicale Fiorentino

Linda di Chamounix
Linda di Chamounix © Michele Monasta

Incuriosisce la scarsa presenza nei cartelloni odierni di Linda di Chamounix, l'opera appena presentata in streaming dal Teatro del Maggio Musicale Fiorentino ad apertura della stagione 2021, disponibile in YouTube ancora per un mesetto. 

Dopo essere stata una delle opere più frequenti di Donizetti, è stata infatti ultimamente trascurata a favore delle sue regine di Scozia e d'Inghilterra, del Marin Faliero, di Lucrezia Borgia. Qualcuno la considera l'opera più “verdiana” di Donizetti, vuoi per la netta proiezione in avanti - il duetto di bassi“Esaltiam la tua potenza” potrebbe stare bene ne I Lombardi o nell'Attila – vuoi per le assonanze drammaturgiche con Luisa Miller: tra l'altro, l'anziano e orgoglioso Antonio prefigura bene il fiero padre di Luisa. 

In realtà quale partitura di 'mezzo carattere' Linda di Chamounix si volge più al passato, cioè alla Nina di Paisiello, a Lodoïska di Mayr, alla Sonnambula di Bellini, alla Gazza ladra di Rossini (tanto che la bella figura di Pierotto è disegnata su quella di Pippo); si può dire, anzi, che proprio con Linda di Chamounix si chiuda l'epoca d'oro dell'opera semiseria. E la comica fattezza di Boisfleury sembra prelevata di peso dalle farse giovanili dello stesso Donizetti.

Jessica Pratt e Francesco Demuro 

Scrivere per il pubblico più esigente d'Europa

Reduce dai successi parigini, nel maggio 1842 Donizetti si sottometteva al giudizio del pubblico musicale più avanzato d'Europa, quello viennese. Ed eccolo offrirgli ciò che s'aspettava, vale a dire una fulgente inventiva melodica italiana; ma del pari, aggiungervi uno strumentale variegato e raffinatissimo, ottenendo così un successo lusinghiero. L'omissione in questo allestimento fiorentino della Sinfonia - scritta controvoglia all'ultimo adattando un vecchio Quartetto, e poi espunta – immette dopo poche battute orchestrali lo spettatore in media res

E subito si avverte l'intima affinità del giovane direttore Michele Gamba con la lieve scrittura musicale e la fine drammaturgia di Donizetti: fatto salvo il vigile e appassionato sostegno offerto ai cantanti, la sua concertazione fonde mirabilmente accuratezza, eleganza, fluidità; e mette in campo una spiccata inclinazione teatrale, delineando un arco narrativo che mai scende di tensione. L'Orchestra del Maggio lo asseconda con precisione e trasporto, il Coro un po' meno: ad esempio, qualche approssimazione emerge in apertura di terz'atto, da “Viva! Viva! Eccoli, giungono...” in poi.

Jessica Pratt e Teresa Iervolino

Un bel parterre di voci

Musicalmente, comunque, in questa positiva apertura di stagione tutto riesce bene. A cominciar dalla ragguardevole presenza di Jessica Pratt, che delinea una Linda dal profilo tenero ed avvincente: morbida nel tessuto vocale, prodiga di sfumature, incantevole nell'eloquio melodico, sempre scintillante negli acuti e nitida nelle colorature. Scorgiamo qualche esitazione nella celebre tyrolienne d'ingresso “O luce di quest'anima”, vera e propria cabaletta; subito però la sua prestazione prende le ali, in un crescendo inarrestabile che sfocia in una superba resa della scena della pazzia – molto diversa da altre scritte da Donizetti - dove centra tutto il possibile. Senza enfasi teatrale, senza una svista vocale, veleggiando soave sul versante più lirico. 

Non meno brava di lei però appare Teresa Iervolino, un Pierotto eccezionalissimo: amorevolmente melanconico, scenicamente commovente nella sua spontanea ingenuità, sostenuto a dovere da un canto morbido, caldo, espressivo, leggero ed omogeneo nell'intera gamma. Una si specchia nell'altra: non a caso, uno dei momenti più alti della serata risulta il loro languido duetto “Al bel destin che attèndevi”

Jessica Pratt e Francesco Demuro 


Francesco Demuro sostiene l'esile e mal definita - scenicamente parlando – sagoma di Carlo con indubbia eleganza e buona proprietà vocale. Tanto per dire, la non facile “Se tanto in ira” è dipanata con grazia e buona arte. Però ci sembra poco convinto del personaggio, negandogli quel temperamento che potrebbe meglio sostenerlo: non a caso, la tenerezza trepidante di“E' la voce che primiera” scivola via anodina, senza emozionare. 

Alle prese con il severo e meditativo personaggio del Prefetto, Michele Pertusi sfoggia tutta la sua consumata abilità; Fabio Capitanucci è un centrato e divertente Boisfleury; Vittorio Prato presenta un valido ed austero Antonio; la madre Maddalena è resa molto bene da Marina De Liso.

Fabio Capitanucci

Una regia un po' rinunciataria

Parliamo dello spettacolo. Non si capisce come mai Pertusi debba stare per metà del 1° atto a far la bella statuina assiso alla sua scrivania, senza alcun collegamento con la scena. E perché il coro presenzi in costume, ma con lo spartito in mano (brutto a vedersi), e perché il fatuo Boisfleury non sia sottratto ad un esagerato macchiettismo. 

Per il resto, la regia di Cesare Lievi scorre senza inciampi, ma anche senza grandi invenzioni; in altre parole, si mostra sin troppo remissiva ed ossequiosa nei confronti del libretto. I coloriti costumi d'epoca sono di Luigi Perego, che firma pure i due congruenti quadri scenografici, nei quali solo stonano un po' le arcate metalliche della Tour Eiffel.

Visto il 15-01-2021
al Maggio Musicale Fiorentino di Firenze (FI)