Modena, teatro Comunale Pavarotti, “Manon Lescaut” di Giacomo Puccini
MANON NEL SETTECENTO
Il Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena prosegue con Manon Lescaut di Giacomo Puccini il suo lungo percorso dedicato all’allestimento di opere del compositore lucchese, condotto in collaborazione con altri teatri italiani e stranieri e che ha già prodotto negli anni scorsi capolavori come Tosca, il Trittico, Madama Butterfly, Turandot e Bohème, sulla scia delle celebrazioni del 150° anniversario della nascita.
Manon Lescaut è la prima delle eroine pucciniane che ancora oggi commuovo il pubblico dei teatri di tutto il mondo. Il soggetto, derivato dal romanzo dell’abate Prévost (1731), era già stato tradotto in musica da Massenet, ma ciò non preoccupò per nulla il compositore che lo affidò a numerosi librettisti (Praga, Oliva, Leoncavallo, Illica e lo stesso editore Giulio Ricordi) per poi pubblicarlo anonimo. Il debutto al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio del 1893 fu trionfale. Manon Lescaut con il suo nuovo linguaggio musicale e l’impianto sinfonico innovativo influenzerà per sempre il corso di un genere musicale, con un successo che si diffuse immediatamente in Europa e negli Stati Uniti. Dramma tutto proiettato nel Novecento, in Manon si agitano le passioni della società borghese contemporanea, fra studenti, ricchi banchieri e una donna padrona del proprio destino ma combattuta fra le ragioni del cuore e le convenienze sociali. Manon Lescaut sembra essere l’opera delle coincidenze o della sincronicità. Il Cavaliere De Grieux incontra casualmente Manon e ne cambia una prima volta la vita; poi il suo arrivo dir poco intempestivo nel palazzo in cui vive lo fa una seconda volta svelando un amore mai sopito e la condanna all’esilio indirizzando il dramma verso il suo esito fatale; egli si riscatterà agli occhi del mondo soltanto nella parte finale dell’opera con lo starle vicino nel momento supremo, ma sarà ormai tardi.
Lo spettacolo riprende un allestimento del Teatro Massimo di Palermo andato in scena a giugno 2008 e si è avvalso della regia del fiorentino Pier Francesco Maestrini, che ha messo in scena un allestimento tradizionale con scene di Fiorella Mariani. Una regia fedele al libretto, con i costumi d'epoca e con arredi classici di buon gusto, piuttosto curata nei particolari: in un elegante Settecento da cartoline illustrate su sfondi “gravure” – un po’ come le messe in scena degli anni Quaranta e Cinquanta-; non c’è tentativo di re-interpretazione o rilettura del testo. E’ un Settecento di maniera (che piace al pubblico), con l’accento più sulla vicenda di un amore sentimentale che di trascinamento erotico in modo già votato alla decadenza e alla propria dissoluzione.
Protagonista della serata, nel ruolo del titolo, è stata il soprano Amarilli Nizza; pienamente a suo agio nel ruolo pucciniano, capace di reggere il ruolo sia drammaturgicamente che vocalmente, ha evidenziato una bella voce pulita, agile e autorevole, oltre a un’ottima tecnica vocale; da ricordare In quelle trine morbide... e Tu amore? Tu?... che ha ricevuto una vera e propria ovazione del pubblico e il finale Sola... perduta... abbandonata... che ha strappato qualche lacrima dagli occhi dei modenesi. Applauditissima a scena aperta e a termine dell’opera, la Nizza mostra non solo un ottimo talento vocale, ma anche una gradita presenza scenica di rilievo e le si potrà facilmente perdonare qualche incertezza in acuto.
Il tenore Walter Fraccaro, nel ruolo di un convincente Cavaliere Des Grieux, ha dimostrato di avere notevoli mezzi vocali e buona tecnica, ma dovrebbe dominarla di più in acuto, mettendo le briglie a quella sua voce così capace di andare verso le alte vette con poco controllo.
Buona interpretazione per il basso Elia Fabbian nel ruolo di Lescaut, padrone del suo personaggio sia scenicamente che vocalmente; il Geronte del basso libanese Ziyan Atfeh, dopo un inizio alquanto incerto, ha dato una discreta prova, buona anche la presenza scenica. Voce leggera e squillante quella del tenore Andrea Giovannini in Edmondo; ricordiamo anche i vari comprimari che complessivamente hanno dato una discreta prova: Stefano Cescatti, Federica Carnevale, Stefano Consolini, Roberto Carli e Romano Franci.
La Manon è il dramma in cui tutto cambia all’improvviso, in cui il mondo muta il suo corso in un batter di ciglio accompagnato da una musica che sa essere allo stesso tempo incalzante e dolce, drammatica e leggera fino alla frivolezza. E’ un equilibrio difficile quello che Puccini ha costruito: un equilibrio che un direttore d’orchestra deve stare attento a non spezzare per non isolare troppo segmenti musicali che da soli hanno vita difficile, per tenere insieme momenti che hanno sì la loro autonomia ma che, se letti da soli, difficilmente riescono a camminare con le loro gambe. Il maestro Gianluca Martinenghi, alla guida dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna, ha saputo leggere con assoluta dignità le pagine pucciniane, anche se ha mancato di continuità emozionale, esprimendosi al suo massimo solo nell’ultimo atto. Da segnalare l'esecuzione dell'intermezzo con viola e violoncello solisti e la melodia in si minore degli archi al completo, che sono stati l'esito di una perfetta concertazione, in una partitura che richiama spesso melodie e sinfonie fondamentali in tutto il contesto dell'opera, in un’intensità dinamica degna del primo verismo musicale.
Anche il Coro Lirico Amadeus, della Fondazione Teatro Comunale di Modena, guidato dal maestro Stefano Colò, ha dato un’ottima prova.
Il Teatro Comunale di Modena era al gran completo, nonostante Manon Lescaut non rientri tra i titoli più rappresentati di Puccini; il pubblico modenese ha accolto l’opera, la regia, le scene e i cantanti (anzi la cantante) in modo quasi trionfale.
Visto il
al
Comunale Luciano Pavarotti
di Modena
(MO)