Medea madre, Medea strega, Medea donna, Medea straniera. Una figura intensa e densa che da sempre ha ispirato l'immaginario di un femminile estremo, ‘non greco’, spietato. In nome di una rivalsa su un maschile disattento, egoista, traditore. Il gesto di un madre, una donna che uccide i suoi figli, è il più terribile e contro natura che si possa immaginare.
Un gesto che risuona in tutto il mondo femminile come superamento di un ‘limite’ legato, dettato dalla sofferenza d’amore. Medea parla ai cuori di tutte le donne, con una forza spietata. Per questo l’aspettativa quando si parla di Medea è sempre alta.
Ingredienti non amalgamati
La versione reading di un testo teatrale realizzata da Laura Morante accompagnata da musica dal vivo, lascia lo spazio per riflettere sul senso delle letture a teatro. Gli ingredienti c’erano tutti: un personaggio profondo, un testo lucido, una grande interprete e anche musicisti in scena. Ma, a ben riflettere, sono rimasti quattro begli elementi isolati.
La lettura a teatro troppo spesso ha il sapore di una ‘fase preparatoria’, in attesa di un futuro momento in cui le parole si fanno carne nel corpo dell’attore, senza appoggiarsi al leggio. Le letture, che sembrano essere una formula più comoda di un teatro di voce, sono di fatto una delle più difficili prove attoriali.
Laura Morante e il teatro
Forse, più che in uno spettacolo, sembra di essere in una ripresa cinematografica. L’attrice legge dal leggio, non staccando gli occhi da questo filtro ulteriore con il pubblico (niente a che vedere con il leggio di alcuni artisti come Enzo Moscato), cercando un’intesa nella sola voce. Una voce chiara, ben detta, che segue il testo, ma non emoziona.
Il tono identico, la voce flebile che raramente si lascia trasportare dalle emozioni forti raccontate comunque dalle parole, accompagnano nella storia della tragedia. Si riconosce il senso, si riconosce l’eleganza della Morante, un po’ meno il valore corporeo della parola sovrastato dall’idea del racconto.
Musica e Parole, percorsi separati
La lettura alternava momenti musicali e parole. Ma la musica, ben eseguita dal duo (Davide Alogna, violino e Giuseppe Gullotta, pianoforte) non sembrava essere un supporto al testo letto. Sembrava piuttosto una pausa nel monologo.
L’attrice si siede e il pubblico si distende in una dimensione più confortevole. In alcuni passaggi musica e parole si sostengono in un progetto che rende etereo il dipanarsi della storia. Le interpretazioni interessanti di pianoforte e violino incantano nello scenario di un teatro, aiutando nella direzione di un esperimento di teatro da salotto.