Danza
OBSESSION

Saburo Teshigawara Surreale

Saburo Teshigawara Surreale

Originario di Tokyo, Saburo Teshigawara ha iniziato la sua carriera di coreografo nel 1981, dopo aver studiato arti plastche e danza classica. classico. Nel 1985 fonda con la danzatrice Kei Miyata KARAS. Da allora, Karas è ospite fisso in Europa, Asia, America e Oceania. L'obiettivo della compagnia è la ricerca di "una nuova forma di bellezza". Superando classificazioni convenzionali o storiche applicate alla danza, Saburo Teshigawara ha creato un linguaggio originale, che differisce sia dalla danza moderna, sia dal butô, con influenze provenienti dal teatro Nô, ed esplora l'interazione tra danza, arti visive e musica, per creare nuovi spazi poetici.
Obsession è la tragedia di una coppia lacerata dalla forza di appuntamenti mancati. Il maestro giapponese Saburo Teshigawara presenta un affascinante duetto ispirato al mondo surreale di Luis Buñuel e Salvador Dali. Si potrebbero sottolineare molti punti di contatto tra Obsession e il suo punto ispiratore, Buñuel e Un chien andalou: la scoperta di due amanti sepolti sotto la sabbia su una spiaggia; il tango argentino che accompagna, dopo il 1961, la versione originale del film muto. Ma è molto altro. Prodigiosi ballerini, il coreografo e la sua partner Rihoko Sato inventano gesti contrastanti, ma nitidi e rigorosi, che a guardarli fanno pensare a un ideogramma vivente. Il linguaggio di Saburo Teshigawara si è confermato ridotto al minimo, un butô elegante che è l'opposto della pantomima inventata cinquant'anni fa da Tatsumi Hijikata. La sua danza è leggera, aneddotica, contingente. Il ballerino interagisce con la sua partner senza toccarla, senza sollevamenti o supporto. Questa coreografia è relax e tensione, fluidità e rigidità, angoli e curve, movimento lento e accelerato, dissociazione tra il corpo superiore e inferiore. I suoi movimenti sono stilizzati, a volte complicati come la scrittura kanji, a volte come il corsivo hiragana o puri come katakana. Saburo Teshigawara ha ideato la coreografia, ma anche la messa in scena, costumi, luci, montaggio del suono. In effetti, la danza qui è solo una parte della performance. Ciò che interessa Teshigawara è il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla corporeità alla smaterializzazione, dall'oggetto alla sua metamorfosi o anamorfosi. Con pochi elementi decorativi - un tavolo, quattro sedie - una dozzina di piccole luci a incandescenza, l'artista riesce a suggerire un universo poetico, in cui lui e la sua partner gravitano l’uno attorno all’altra, inquieti, in continuo evolversi. Alla fine questo è un omaggio e il coreografo non cerca di illustrare o adattare il capolavoro di Luis Buñuel e Salvador Dalì, si limita ad alludervi con discrezione, un po’ come aveva fatto il regista quando creò la colonna sonora del suo film muto usando dei 78 giri.

Visto il 07-11-2010
al Ariosto di Reggio Emilia (RE)