Perfetti sconosciuti è una commedia efficace: un alto tasso di realismo porta lo spettatore a riflettere su aspetti ormai scontati e, allo stesso tempo, riesce a divertire con una comicità che funziona, ammorbidendo anche i passaggi più drammatici della trama fino allo “sliding doors” del finale.
Perfetti sconosciuti è la trasposizione dell’omonima opera cinematografica diretta da Paolo Genovese nel 2016, capace di raccogliere grande successo sia in termini di incassi che di critica. La commedia si è aggiudicata il David di Donatello sia come “Miglior film” sia come “Miglior sceneggiatura” e il Nastro d’Argento e il Globo d’Oro come “Miglior commedia”, oltre ad essere premiata nella categoria di “Miglior sceneggiatura” anche al Tribeca Film Festival.
Ne è seguito un successo internazionale poiché alla base della sceneggiatura vi è un’idea semplice, di grande verismo e senza confini geografici, in grado di funzionare; ambientata a Roma, come a New York come a Tokyo. Nel 2019 Perfetti sconosciuti entra nel Guinness dei primati come il film con più remake (ben 25!) in assoluto nella storia del cinema.
Nella trasposizione dal grande schermo al palcoscenico di Perfetti sconosciuti è lo stesso Paolo Genovese a curarne l’adattamento cimentandosi con la sua prima regia teatrale. Una prova senz’altro ben riuscita: la messinscena è fedele all’originale nella trama, mentre il registro è meno drammatico e più comico rispetto a quello del film. La scelta è efficace e ben si adatta alla platea teatrale che mostra di divertirsi e applaude.
Ognuno ha tre vite: pubblica, privata e segreta
Rocco ed Eva sono sposati da anni e il loro matrimonio è in crisi. È sabato sera e organizzano una cena invitando a casa gli amici di vecchia data: Lele e Carlotta, anche loro in crisi matrimoniale, Cosimo e Bianca, novelli sposi, e infine Peppe, divorziato e disoccupato, che si presenta solo poiché la nuova fidanzata che vorrebbe presentare agli amici ha la febbre.
Tra un pettegolezzo e l’altro, qualcuno propone un gioco che si rivelerà molto pericoloso: mettere tutti i telefonini sul tavolo e condividere con il gruppo, a voce alta, qualsiasi messaggio o chiamata arrivi durante la cena. Spalle al muro, nessuno può rifiutarsi.
Nel giro di pochi minuti il vaso di Pandora è aperto: scheletri nell’armadio, meschinità, qualche bugia bianca e pesanti menzogne sconvolgeranno sia il gruppo di amici che e i rapporti di coppia. Interessante lo “sliding doors” del finale che racconta, poi, come sarebbero andate le cose senza quel dannato giochino.
A teatro come al cinema
Convince l’interpretazione di Dino Abbrescia (Lele) che mostra anche grande sintonia drammaturgica con Anna Ferzetti (Carlotta), una vera coppia. Emmanuele Aita (Peppe) risulta il migliore come caratterizzazione del personaggio, molto bravo nell’espressione emotiva e mostra grande feeling nell’interazione con tutti gli altri attori sul palco.
Buona l’interpretazione anche di Paolo Calabresi (Rocco), che però nei panni di un personaggio riflessivo ha poco spazio per esprimere la sua irresistibile ironia. Astrid Meloni (Eva) ben interpreta in maniera algida la padrona di casa e forse poteva migliorare con qualche passaggio più tagliente e un maggior feeling con Paolo Calabresi.
La scenografia è davvero ben curata e dettagliata, supporto concreto del realismo dell’opera, e versatile nella suddivisione delle diverse stanze. Da migliorare l’utilizzo delle luci che non sempre si sono rivelate tempestive nell’illuminare la scena nel passaggio tra una stanza e l’altra. L’assenza della musica sembra una buona scelta perché mantiene alta la tensione drammaturgica e aumenta il realismo dell’atmosfera casalinga.
Perfetti sconosciuti è uno spettacolo di qualità, con un buon cast, divertente: può replicare il successo del film, e gli si può augurare una certa longevità di rappresentazione e spazio su palcoscenici internazionali.