Uno spettacolo la cui freschezza si mantiene costante nel tempo ed è proprio questa l’autentica forza del progetto: coinvolgere il pubblico in maniera trasversale.
Peter Pan, il musical costruito intorno alle canzoni del concept-album Sono solo canzonette, che ha consacrato la carriera di Edoardo Bennato tra i grandi del rock italiano, ha debuttato in Italia nel 2006: da allora 950 repliche per oltre 800 mila spettatori ne hanno decretato il successo, anche all’estero. Uno spettacolo la cui freschezza si mantiene costante nel tempo ed è proprio questa l’autentica forza del progetto: coinvolgere il pubblico in maniera trasversale, evocando fantasia e spensieratezza (con un pizzico di polvere di fata), attraverso la forza della musica.
Brani come L’isola che non c’è, Il rock di Capitan Uncino, Viva la mamma, rendono partecipe il pubblico durante lo spettacolo proprio perché (non) sono solo canzonette, ma raccontano i paradossi della contemporaneità con sottile sarcasmo.
Broadway-style all’italiana
Tra i fattori che hanno contribuito al successo di questo spettacolo, c’è senza dubbio quello di essere un prodotto completamente italiano, esclusa la sua radice letteraria. Il regista Maurizio Colombi è capace di trasformare anche i personaggi più negativi in divertenti comprimari, esasperando i difetti in chiave comica: in questo senso, i momenti di interazione sulla scena tra Capitan Uncino e Spugna diventano siparietti apprezzabili, che tuttavia tendono verso una direzione drammaturgica in stile Broadway piuttosto forzata, rivelando segnali di stanchezza in uno spettacolo ormai in tour (quasi ininterrottamente) da dodici anni.
Un cast affiatato, tra volti “vecchi” e nuovi
Protagonista dello spettacolo dall’edizione 2016, Giorgio Camandona sta ormai raccogliendo i frutti dell’importante eredità trasmessagli da Manuel Frattini, Peter Pan per antonomasia. Ha fatto proprio il ruolo del bambino che non vuole crescere, distinguendosi per un’interpretazione caratterizzata da un adeguato equilibrio tra narcisismo adolescenziale e l’atteggiamento spavaldo tipico della giovinezza quale antidoto del tempo che passa.
Martha Rossi ha fatto della sua Wendy logorroica e zuccherosa un’icona efficace; dal punto di vista vocale, inoltre, il suo è il ruolo più impegnativo e lo affronta nella giusta sintonia con i suoi partner sulla scena, alternando momenti di dolcezza e determinazione.
Emiliano Geppetti è la principale novità di questo allestimento: arruolato di fresco nei panni di Capitan Uncino/Agenore Darling, deve ancora prendere confidenza con l’essenza rock del famigerato pirata, ma il mood è quello giusto e indubbiamente gioca a suo favore l’alchimia subito instaurata sul palcoscenico con Jacopo Pelliccia, che torna a interpretare il fidato Spugna, confermando per questo ruolo divertenti sfumature da showman, sia in assolo, sia nei duetti con il suo capitano.
Il coccodrillo-che-non-c’è
A non essere cambiato in tutti questi anni di tournée è l’impatto visivo dello spettacolo: la meraviglia del pubblico rimane costante vedendo materializzarsi sul palcoscenico – grazie all’impiego di efficaci videoproiezioni ed effetti speciali - la stanza di Wendy John e Michael, che all’inizio della storia appare tra le pagine di un libro proiettato su uno schermo.
Confidando in una circostanza isolata, va precisato che, questa volta, si è percepita la mancanza di qualcosa: l’iconico Coccodrillo, costante minaccia per Capitan Uncino, non è sbucato in platea, come sua consolidata abitudine. La permanenza dei protagonisti sull’Isolachenoncé si è dunque conclusa in maniera insolita, senza particolare pathos.