Civitanova Marche, teatro Rossini, “Le Sacre du Printemps”
I RESPIRI DEL CORPO
La coreografa canadese Marie Chouinard ha vissuto a lungo negli Stati Uniti, a Berlino, a Bali e nel Nepal, approfondendo diverse tecniche coreutiche e ampliando l'esplorazione sulle potenzialità del fisico dell'uomo. Per la coreografa la danza è un'arte sacra e il corpo lo strumento di quest'arte, corpo come veicolo di vita e quindi da celebrare. Si è però lontani da certa danza orientale e soprattutto indiana, in cui la sacralità ha un'aura molto forte e coinvolgente. Qui l'attenzione è puntata sui gesti, staccati e scollegati, considerati “fonemi”, unità di base di concetti complessi radicati nel corpo. Che però rimangono di difficile comprensione, finendo per non coinvolgere, né la mente né il cuore.
Lo spettacolo si è aperto con “Prélude à l'après-midi d'un faune”, all'inizio nel silenzio totale poi su musica di Debussy. La bravissima Carol Prieur trasmette, con lunghi respiri e fonemi gutturali, la condizione del fauno, accompagnandosi con movimenti angolari che si riflettono nelle angolosità del corpo, accentuate dal particolare costume di Luc Courchesne, Louis Montpetit e Marie Chouinard. Il moto è spezzato in unità di movimento, in articolazioni del corpo e del viso che per lo più appaiono come disarticolazioni. Le luci di Alain Lortie sono gialle e di taglio e creano il mondo in cui si muove il fauno, ma anche piovono dall'alto fredde ed algide, costituendo l'estreneità che attira l'attenzione del fauno e lo eccita. Il piede caprino e l'aspetto, esaltato dal trucco di Jacques-Lee Pelletier, fanno del fauno una creatura fiera ed orgogliosa, ma condannata alla solitudine. E allora il corno diviene un pene in erezione, rosso fuoco di desiderio e voglie inespresse, represse e non soddisfatte, finendo per copulare in un rapporto sessuale con la terra e con l'umanità che esplode in una eiaculazione liberatoria di pioggia d'argento che cade dall'alto.
La seconda parte ha proposto “Le Sacre du Printemps”. L'inizio è accompagnato dal rumore di matite che scrivono su fogli di carta, forse la riscrittura del balletto di Nijinsky, di cui però, seppure dichiarato, si fa fatica a capire la “reincarnazione fedele” allo spirito del russo, che agiva in tempi così diversi dall'oggi. I dieci interpreti “ballano da soli”, si contorcono seguendo impulsi primari, si muovono a scatti, isolati e singolarmente, entità ermafrodite, oppure animali, oppure creature umane, oppure ancora vegetali in crescita che anelano l'alto e la luce, poco importa: quel che conta è il movimento del corpo, anche qui spezzato, sghembo, accompagnato da profondi respiri, quasi un contrappunto sia alla musica che al movimento corporeo, udibili anche quando risuona la splendida partitura di Stravinskij. I corpi si muovono in contrazioni e sussulti, controllati e ritmati, in ondulazioni e spigolosità, affascinanti da vedere ma non immediatamente riferibili a quel mistero della vita e della natura che la partitura necessariamente esprime, a quel risveglio del corpo e della natura. Torna il segno del corno, che si erge dal pavimento, oppure diviene complemento ai costumi di Vandal e agli accessori di Zaven Paré, nella strana, affascinantissima, donna istrice, oppure nelle inquietanti figure cornute, oppure, anche qui, peni in erezione e aculei giganti, strumenti organici di protezione, di offesa, di piacere.
Pubblico latitante, purtroppo, allo spettacolo, che ha inaugurato la XIV edizione del Festival Internazionale civitanovadanza, nel nome di Enrico Cecchetti, che prosegue con Matanicola, Bolero del Balletto di Roma, Le Gala des Hommes, Union Tanguera, Gala perforamnce con Alessandra Ferri e Roberto Bolle, Raghunath Manet e incursioni di danza in città.
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto a Civitanova Marche, teatro Rossini, il 1° luglio 2007
Visto il
al
Comunale
di Ferrara
(FE)