Poker tutt’altro che ovvio: calare quattro assi di Pirandello e due di Cechov, come ha fatto Glauco Mauri in “Quattro buffe storie”, al Duse di Genova fino al 20 marzo, non garantisce di per sé il successo. L’operazione è vincente al botteghino e al tempo stesso si presenta come un vero gioiellino artistico perché l’interprete regista, sempre in perfetta sintonia con Roberto Sturno, sintonizza note di ironia diverse e a volte persino antiteche sul proprio personale disincanto. Ne fa quattro movimenti di una coerente sinfonia che va dal farsesco al grottesco.
Lo spettacolo aggancia subito il pubblico con un Cecè immerso nella “grande bellezza” di Roma nel 1913. Il faccendiere sguazza a suo perfetto agio tra tangenti, opportunismi, truffe di grande e piccolo calibro. Segue “La patente”, celebre esempio di un Pirandello più immediatamente identificabile, con un contrasto tra verità e apparenza che alla fine lo iettatore, ovvero Mauri, impressionante “maschera nuda”, volge a proprio favore.
Il secondo atto invita a un viaggio nello spazio e, per un paio di decenni, a ritroso nel tempo. Nella Russia che va da dagli anni ottanta dell’Ottocento fino all’alba nel nuovo secolo, Cechov ambienta infatti la sua “Domanda di matrimonio” e “Il fumo fa ma le”. Lo sguardo passa da una brulicante e corrotta realtà metropolitana a un ambiente rurale, con grandi spazi e realtà familiari claustrofobiche. Le contraddizioni si fronteggiano nel primo caso in un ben ritmato scambio di battute e infine in un monologo dove il protagonista gioca la sua personale partita tra essere e apparire, ma senza riscatto.
In perfetto stile Mauri la regia: non oscura gli altri interpreti, tra i quali spiccano accanto a Sturno, Mauro Mandolini e Laura Garofalo. Le scene di Giuliano Spinelli e i costumi di Liliana Sotira ricreano un’ambientazione d’epoca pur senza togliere attualità ai testi.
Prosa
QUATTRO BUFFE STORIE
Essere e apparire da Pirandello a Cechov
Visto il
16-03-2016
al
Eleonora Duse
di Genova
(GE)