La trilogia è quella iniziata da Pirandello con Sei personaggi in cerca di autori, proseguita con Ciascuno a suo modo e terminata magistralmente con Questa sera si recita a soggetto: la trilogia del meta teatro o del teatro nel teatro. La grande polemica di allora era quella dell'Autoritarismo del regista, figura all'epoca innovativa nei confronti dell'autore-copocomico-direttore. Era la polemica che in Germania era nata con il teatro di Bertold Brecht e Kurt Weill, esasperata dal Teatro d'arte di Mosca di Konstantin Sergeevič Stanislavskij: chi fa vivere e rivivere il teatro? è il testo drammaturgico o l'interpretazione del regista o la partecipazione degli attori al centro di ogni rappresentazione? Luigi Pirandello in quest'opera andata in scena nel 1930 proprio in Germania inserisce un'altra variabile: il pubblico. Lo fa diventare protagonista non solo del copione ma soprattutto nella partecipazione alla recita. Mette in scena l'evoluzione stessa della sceneggiatura della novella Leonora addio! dalla raccolta Novelle per un anno. Nell'allestimento delle tragedia della gelosia di Enrico Verri nei confronti di Mommina, il direttore e gli attori si muovono fra il palco della rappresentazione e il proscenio della discussione, dibattendo anche con gli spettatori se sia giusto recitare secondo copione o 'a soggetto' secondo gli umori del regista; secondo il sentimento dell'attore o secondo la 'fredda' scrittura del drammaturgo. Una polemica che lo stesso commediografo agrigentino non riesce a sciogliere, forse perché lui stesso era scrittore e regista e comunque molto sensibile all'emozione dell'attore. Per questo, dopo aver 'cacciato' il regista dal teatro lo fa rientrare trionfalmente in scena, dopo la grande dimostrazione di pathos data dagli attori, ormai liberi dai vincoli registici. Libertà fasulla poiché infine il teatro è vita: quel miscuglio di verità e finzione, di recita e autenticità. Ferdinando Ceriani affronta l'impegnativo testo pirandelliano con una leggerezza che ci ricorda la versione di Giuseppe Patroni Griffi del 1987, quella stessa versione in cui Mariano Rigillo impersonava il direttore dottor Hinkfuss. Oggi lascia il personaggio al figlio Ruben e recita nella parte di Sampognetta, il padre deriso dalla moglie 'generala' e dagli spensierati frequentatori delle figlie. Nel ruolo della signora Ignazia c'è Anna Teresa Rossini e nei panni di Mommina, la figlia 'scampata' alla sventura grazie al matrimonio rivelatosi molto infelice, c'è Silvia Siravo, a sua volta figlia della Rossini. Ceriani, forse ricordando le parole di Patroni Griffi "Se c'e' un torto che e' stato fatto a Pirandello, e' la seriosita' con cui e' stato rappresentato, rivestito dalle intonazioni più lamentose", mette in scena una commedia vivace e brillante che a volte rischia di cadere nella farsa, ma riesce a trasmettere l'ironia grottesca a un pubblico che non ha così alcuna occasione di annoiarsi. La leggerezza della prima parte e la drammaticità dell'epilogo di Mommina e Enrico Verri (molto bravo l'attore Giacinto Palmarini) riesce però a scavare il solco voluto fra l'impersonale obbedienza al regista e la libertà espressiva dell'attore, all'apice della propria intensità emotiva. Alla fine, è il regista che canta vittoria, o meglio: il direttore. E' il dottor Inkfuss a prendersi gli applausi, anche quelli spettanti agli attori e soprattutto all'autore. Anche se spesso, per il teatro di regia, quest'ultimo sembra non contare, tranne poi ritrovarsi a raccontare… un'altra storia.
Foto di scena di Diego Romeo