Prosa
QUI A TUé MON PèRE

Quel tenero barbaro di mio padre: Edouard Louis si racconta con graffiante sincerità.

Qui a tuè mon pére
Qui a tuè mon pére

Edouard Louis, ventotto anni, quattro romanzi all'attivo tradotti in oltre trenta lingue, coinvolto in diverse azioni di protesta come il movimento francese dei "Gilet Gialli", arriva alla Biennale Teatro 2021 con Qui a tué mon père, diretto da Thomas Ostermeier, alla sua seconda regia con il giovane scrittore francese.

Dall'infanzia al presente

Edouard interpreta se stesso, ancor prima che lo spettacolo abbia inizio. Le luci di sala sono ancora accese, il pubblico chiacchiera e si saluta, Eduard lavora al computer, uno fra i tanti. Non guarda gli spettatori e nessuno sembra accorgersi di lui. Poi, il palcoscenico prende vita ed Edouard inizia il suo racconto, uscendo dall'anonimato. 

E' questo, o soprattutto questo, il lungo dialogo che si svolge tra lui e suo padre, il tentativo tenace di un bambino, poi ragazzo, poi giovane adulto di uscire dall'anonimato agli occhi di suo padre. "Guarda, papà, guarda", ripete più volte Edouard, la sera in cui davanti agli amici di famiglia imita la cantante di un gruppo pop, ma il padre disgustato preferisce andare fuori a fumare. Così Edouard consuma le tappe della sua crescita in un villaggio della campagna francese, in una microsocietà che etichetta le sue tendenze omosessuali, tra un fratello dedito alla droga e a piccoli furti, una madre debole e un padre, un padre, già, con il quale il confronto è difficile, a tratti inesistente. 

Ma la sua assenza diventa per Edouard una speranza e dunque una possibilità: tutti i giorni, racconta, tornando da scuola, mi auguravo di non vedere la tua macchina davanti casa.

Chi ha ucciso mio padre?

Questo padre introverso, a tratti aggressivo, assente, quasi per nulla scolarizzato, a seguito di un incidente sul lavoro, vive oggi attaccato a un respiratore, non riesce quasi più a parlare, ma Edouard conosce il valore delle parole e il suo racconto è convincente e decolla, finché le parole stesse superano qualsiasi incomprensione: tu hai ragione, gli dice il padre nelle battute finali, qui ci vorrebbe una bella rivoluzione. 

Certamente una rivoluzione sociale e politica, Edouard appende a un filo le foto di Chirac, Sarkozy, Holland, Macron, li accusa tutti di aver ridotto gli aiuti alle categorie più deboli, come quella cui appartiene il padre, ma anche una rivoluzione di intenti e di valori, senza paura della/e diversità, accettando i cambiamenti che come cicloni trasformano gli affetti, le relazioni, le famiglie. Tu sei cambiato da un giorno all'altro, riconosce Edourd, e i nostri personali cambiamenti sembrano essere l'unica risposta a chi ci vuole inchiodati ad un'unica identità sempre uguale a se stessa.

Ostermeier costruisce uno spettacolo essenziale, che lascia al centro il protagonista, mentre Edouard Louis riesce a comunicare con animo sincero e commosso tutti gli aspetti di un rapporto macchiato dai pregiudizi, ma che infine lo ha condotto a essere quello che è.

Visto il 08-07-2021
al Carlo Goldoni di Venezia (VE)