Per lo spettacolo inaugurale della Stagione 2024-2025 del Teatro dell’Opera di Roma la scelta è caduta su Simon Boccanegra. L’ultima rappresentazione dell’opera in questo teatro è del 2012 con Riccardo Muti sul podio, il ricordo ancora vivo nel pubblico romano ha costituito un motivo di interesse in più per questa edizione diretta e concertata da Michele Mariotti che, grazie anche ad una Orchestra in stato di grazia, ha retto benissimo al confronto.
Atmosfera cupa
Nella produzione verdiana il Simon Boccanegra non è ricordato come altre opere popolari per arie famose, ma soprattutto per quel cambiamento di linguaggio che prelude alla composizione dell’Otello. L’argomento è quello del rapporto dei sentimenti umani più intimi con i doveri e gli impegni del potere.
Nella Genova del Trecento animata dagli eterni conflitti di classe, il corsaro Simon viene eletto Doge, suo malgrado. La morte della donna amata e la scomparsa della figlia, gli intrighi e i tradimenti, la delusione per non riuscire a far accettare la pace con la rivale Venezia fino all’avvelenamento subito dal perfido Paolo, sono un crescendo di sofferenza, appena stemperata nel tragico finale dalla fine del conflitto con il rivale Fiesco e con la benedizione delle nozze della figlia ritrovata con Gabriele Adorno che sarà il nuovo Doge.
La musica descrive efficacemente l’atmosfera triste della vicenda, prevale il registro grave, il protagonista è un baritono, l’antagonista un basso, il registro chiaro è solo per i due innamorati. Le melodie sono brevi, i recitativi ampi.
Spesso all’orchestra è riservato il canto mentre le voci recitano. Grande protagonista è il coro che tratteggia il tappeto sonoro degli eventi. La lettura di Michele Mariotti evidenzia con efficacia i contrasti tra i tormenti dei singoli e i drammi collettivi, ben assecondata dall’eccellente compagnia di canto.
Mariotti scava nei drammi e nelle passioni
Nella recita del 29 novembre Simon è stato impersonato da Claudio Sgura, grande baritono ricco di sfumature, aiutato anche da un adeguato physique du rôle, dona al personaggio autorevolezza e nobiltà. Maria Motolygina bella voce sonora e limpida negli acuti è una Amelia tormentata ed innamorata, in perfetta sintonia con Anthony Ciaramitaro luminoso tenore nel ruolo di Gabriele.
L’esperto Riccardo Zanellato dà al personaggio di Jacopo Fiesco tutta la solennità che ci si aspetta, mentre Gevorg Hakobyan conferisce al “cattivo” della vicenda Paolo Albiani la perfidia del ruolo. Il Coro diretto da Ciro Visco si conferma come grande protagonista.
Una regia metafisica
La regìa di Richard Jones, misurata nell’azione dei singoli, efficace nelle scene di massa, ambienta l’opera in uno spazio metafisico sottolineato dalle scene di Antony Mcdonald che ripropongono un po’ fuori scala le Piazze d’Italia di De Chirico.
Il mare, spesso evocato dalla musica, non si vede, ma una scogliera aguzza e livida e un faro ne fanno percepire la presenza, mentre incongrue sono sembrate le scene con il diaframma beige sul proscenio. Neppure la scena finale con la folla intorno al monumento di Simon è sembrata convincente. Belle ed efficaci le luci cupe di Adam Silverman.