La solitudine non esiste. O meglio, la solitudine del corpo. Oltre la dimensione della coscienza, dentro le nostre cellule e nel nostro respiro, sta quel fluire incessante di energia che genera forme, movimento, trasformazione. In equilibrio fra elementi che si attraggono e si respingono, il cui moto appartiene al mistero stesso dell’esistenza, si trovano l’uomo e la sua ricerca. Manfredi Perego, coreografo emiliano esponente della giovane danza d’autore, ci ha regalato una serata d’eccellenza che ha incantato il pubblico.
“Studio su Anemoi”, prima assoluta per il Balletto Teatro di Torino, e “Primitiva”, già visto in forma meno strutturata al festival “Terreni creativi” di Albenga la scorsa estate, sono due lavori profondi, sulla percezione del corpo nell'ambiente che lo circonda e sul ritorno all'origine del gesto come forma di conoscenza.
Il vento come via di fuga
In “Studio su Anemoi”, la danza scaturisce da una via di fuga portata dal vento. Non ambizione consapevole, piuttosto abbandono. "Capita a volte di ascoltare il vento e di affidargli quei pensieri che a nessun altro puoi affidare - spiega il coreografo - Non sarò né il primo né l'ultimo a farlo, anzi, ricercando sull'argomento sono rimasto sorpreso da come attraverso i secoli persone e personaggi più o meno noti hanno dedicato al vento frasi, poesie, pensieri. Ma più che una dedica mi sembra un affidamento".
Come se il movimento dell'aria permettesse un passaggio fra l’essere e il luogo dove si manifesta, assistiamo a una transizione fisica ed emotiva per ognuno differente e unica, a una sorta di liberazione inconsapevole. Fra contrasti e armonie, bruschi cambi di direzione e organici ritorni a un’apparente immobilità, i corpidei danzatori sono sempre in correlazione gli uni con gli altri. Attraversati da una tensione che li guida e li sostiene come corpi celesti nello spazio. La coreografia non è sequenza di passi, è un disegno filosofico della relazione corpo-spazio.
I danzatori del Balletto Teatro di Torino, che da tempo lavorano con il coreografo emiliano e hanno fatto propria la sua poetica, diventando interpreti di un linguaggio contemporaneo di ricercata semplicità.
L'origine delle pulsioni
La seconda parte, “Primitiva”, con Manfredi Perego unico interprete in scena, nasce da una ricerca sulla corporeità nei suoi elementi primari. E’ un viaggio nella più arcaica e animalesca percezione del sé, al contempo fragile e impulsiva. Il tentativo di scoprire l’origine delle pulsioni umane, di abitarne la dimensione di naturalità.
La solidità della ricerca personale è alla base di una gestualità mai scontata: continue transizioni da uno stato all’altro della percezione del sé e dell’esterno, fra fruscii, roteare metallico, suoni della natura (colonna sonora di Paolo Codognola e luci di Giovanni Garbo), suggerisce una molteplicità di sguardi, un abitare il corpo come patrimonio delle generazioni.
Alla fine un fascio di luce illumina l’uomo, e ci si accorge che dentro di lui ci sono tutte le risposte.