Prosa
TERMINUS

Secondo spettacolo dell'ottav…

Secondo spettacolo dell'ottav…
Secondo spettacolo dell'ottava edizione della rassegna Trend, nuove frontiere della scena britannica ed europea, organizzata da Rodolfo di Giammarco al teatro Belli di Roma, con una sezione dedicata al teatro tedesco a cura di Adriana Martino, Terminus è la riduzione italiana (il corsivo, come vedremo, è più che mai d'obbligo), curata da Babilonia Teatri, dell'omonimo testo dell'irlandese Mark O’Rowe. Testo controverso per l'argomento affrontato e per la sua struttura drammaturgica, tre monologhi interlacciati nei quali altrettanti personaggi ci parlano delle loro miserie quotidiane, tutti e tre spinti nella sfera del fantastico, tra serial killer, donne morte e reincarnate, angeli sessuati e vendicativi e il diavolo che faustianamente compra un'anima in cambio di vaghe promesse di successo. Il testo è ricco di rime interne, dal ritmo particolare e con continue allitterazioni, in una ricerca linguistica che ricorda il procedere della poesia piuttosto che quello della prosa, mettendo a dura prova gli attori, sia per la ricercatezza del lessico, estremo e raffinato, sia per la difficoltà di recitare un testo in continuo parossismo, le cui parole servono a descrivere omicidi, atti sessuali (con mostri fatti di vermi), impalamenti e rinascite, cosa che, in patria, ha dato adito a qualche scandalo. Babilonia teatro è intervenuto pesantemente sul testo riducendone sensibilmente la durata, semplificandone la complessa texture lessicale, usando come controparte nella traduzione il dialetto veneto (partendo dalla traduzione italiana di Serenella Martufi). Anche l'immaginario collettivo non è più quello irlandese (slang film e canzoni di quelle parti...) il "famoso film" cui il testo originale si rifà più volte viene sostituito da "La solitudine" con cui Laura Pausini vinse Sanremo 93. Un'operazione discutibile ma imprescindibile nel cercare di restituire la complessità di un testo radicato in un'altra cultura. Ma dalla cultura irlandese a Laura Pausini qualcosa si è perso strada facendo... L'aspetto di maggiore impatto dello spettacolo è la verve recitativa dei suoi giovani interpreti (che caparbiamente firmano tutti e tre la regia dello spettacolo assieme a Vincenzo Todesco). Già prima dell'inizio dello spettacolo svettano in scena tre bare chiuse. Poi, un tecnico di palco (Simone Brussa) con tutta la calma possibile, toglie le viti che sigillano la prima cassa. Armeggia alla consolle audio e manda della musica, mentre scoperchia anche la seconda bara. Dispone sulle medesime due cartelli "A" e "B". Dentro le due bare due donne, nella classica posizione della salma. "A" (Valeria Raimondi) racconta del suo lavoro al telefono amico, di un'amica incinta, impegnata in una relazione lesbica, le cui amiche vogliono farla abortire, e lei si incaponisce a voler evitare l'aborto. "B" (Ilaria Dalle Donne), è una giovane che si ritrova a precipitare da una gru, dopo una serata di alcool con gli amici, salvata da un angelo biondo coi boccoli e il cazzo duro. "A" e "B" si alternano nei loro monologhi, ancora apparentemente senza alcuna connessione, quando vengono improvvisamente interrotte da una voce che, da dentro la terza bara, chiede delle caramelle Ambrosoli. Con la solita flemma il tecnico di sala scoperchia la terza bara e vi pone sopra la lettera "C". Inizia così un monologo a voci alterne nel quale vengono dipanate le vicissitudini di queste tre salme-personaggi. "C" (Enrico Castellani) è un serial killer sfigato con le donne, che ha venduto l'anima al diavolo nella speranza di sfondare con una bella voce, inutilmente . E' proprio la sua l'anima che salva "B" dalla caduta dalla gru. E' con la sua anima che "B" fa l'amore, in maniera selvaggia e appagante. "A" dopo essere stata tramortita da una sediata in testa, rinviene, si sottrae a qualcuno che, sopra di lei, si sta masturbando, raggiunge l'amica nello scantinato dove le altre stanno cercando di farla abortire, le uccide a sprangate salvando l'infante, ma non riesce ad evitare che la sua amica, fuggendo, venga investita da un camion, proprio quello che sta guidando "C" braccato dalla polizia. Mentre "A" prima di sperimentare l'oblio della morte ricorda di una sera passata davanti alla tv a vedere Laura Pausini con la madre, (che scopriamo essere "A") l'Angelo-anima di "C" divelle la cabina di guida e porta "C" con sé, sulla gru. Lo impala e il cazzo dell'angelo mi esce della bocca e poi lo lascia precipitare dalla gru, appeso per le budella. "C" si contorce dal dolore mentre una folla si raccoglie sotto di lui. Mentre "A" rinasce, come bambina, quella che che ha salvato "B", "C" davanti alla folla intona "quella famosa canzone" di Laura Pausini, ha una voce bellissima e tutti lo applaudono. Anche "A" e "B" cantano la stessa canzone. All'unisono... Uno spettacolo che richiede ai suoi interpreti un considerevole impegno dato che restano tutto il tempo nella bara, anche quando improvvisano una danza (scambiandosi di posto,cosa anticipata dall'assistente di sala che sposta le tre lettere sopra le medesime) recitando i propri personaggi ognuno con un registro interpretativo diverso: "A" è frenetica e monocorde, "B" è flemmatica mentre "C" urla. Un tour de force (a cominciare dal restare chiusi nelle bare per quasi 20 minuti, dall'entrata degli spettatori in sala all'inizio dello spettacolo e oltre...) nel quale le due attrici e l'attore apparentemente regalano solo la voce ai propri personaggi mentre in realtà donano anche il loro corpo, che resta immobile, oppure balla, o viene sommerso dai fiori finti che cadono all'improvviso dall'alto a evocare la serata sanremese. Una messa in scena efficace e d'impatto con un uso parco delle luci (solo durante la scena del ballo una luce illumina dal basso il volto e non il corpo dei tre personaggi). In questo allestimento però quello che sembra emergere di meno è proprio il testo: tagliato, semplificato, trasposto, tradotto risulta quanto mai ordinario nel suo procedere per intrecci paralleli (il cinema e la tv hanno già da anni intrapreso questa strada maestra...). Se infatti entriamo nel merito delle coordinate culturali scelte per il trapianto in lingua italiana ci si accorge che sono troppo provinciali, nazional popolari (Laura Pausini...) i personaggi acquistano, nonostante il lato fantastico-sovrannaturale, un qualcosa di naïf che manca al testo originale. Una naïveté che, un po', si riversa anche sulla disinvoltura con cui si è operato sul testo originale, per cui sarebbe stato forse meglio leggere nel programma di sala tratto da Mark O'Rowe, dato che emerge più la compagnia che l'autore . Poco male come operazione in sé se ci si fosse avvicinati a un testo notoriamente conosciuto. Un po' meno per un testo inedito in Italia presentato in una rassegna dedicata alla nuova drammaturgia inglese. Roma, Teatro Belli dal 4 al 14 ottobre
Visto il
al Belli di Roma (RM)