La regia della Sinigaglia è ossequiosa verso libretto e partitura, attenta a far recitare bene gli interpreti, ma non ha inventiva e non convince del tutto.
Riprende in pieno, dopo la pausa estiva, l'attività del Teatro La Fenice. Alternando tra fine agosto e primi d'ottobre, a ranghi serrati, una trentina di recite di spettacoli ormai classici: il Barbiere di Siviglia di Rossini/Morassi, e due titoli pucciniani: Madama Butterfly di Alex Rigola e Tosca di Serena Sinigaglia. Più la ripresa de La scala di seta, ed il nuovo allestimento, al Malibran, di Luci mie traditrici di Sciarrino, regia di Valentino Villa.
Uno spettacolo ben rodato
Dell'allestimento di questa Tosca veneziana, apparsa cinque anni fa, abbiamo già parlato a suo tempo, manifestando molte riserve. La regia della Sinigaglia è ossequiosa verso libretto e partitura, attenta a far recitare bene gli interpreti, ma non ha inventiva e non convince del tutto.
E' pur vero che deve fare i conti con le eccentriche scenografie di Maria Spiazzi, susseguirsi di spazi disastrati da un sisma: la rovinosa crepa del pavimento di S.Andrea si allarga una voragine che inghiotte persino la mensa di Scarpia, ed alla fine resta solo una scabra pietraia. Federica Ponissi disegna eleganti costumi con riguardo filologico; ma poi li rende, chissà perché, sempre più laceri e sporchi.
Scopriamo una voce che promette molto
Incuriosiva tuttavia vedere alla prova il soprano bellunese Chiara Isotton che, fresca vincitrice del Concorso “Belli” di Spoleto, proprio nei panni di Floria Tosca debuttò al Teatro Caio Melisso sei anni fa. Classe 1985, quindi non proprio giovanissima: però è nell'età in cui personalità e voce dovrebbero essere mature. E lo sono, in effetti. Vigoroso il temperamento, la sensualità dirompente, la presenza scenica esplosiva: questione anche di gesti eloquenti, di sguardi di fuoco, d'indubbio magnetismo. La voce è poi è timbricamente voluttuosa, ampia la gamma dei colori, la tessitura dominata senza troppi problemi. Strano quindi che il suo nome non abbia maggiore appeal nei nostrani teatri.
Cavaradossi è Azer Dada: voce piena, duttile, genorosa e passionale, legata a dovere e dai colori ben sfumati, che trova facile espansione negli a solo e che nei duetti si fonde amabilmente con quella dell'amante. La morbosa, insinuante perfidia di Scarpia trova in Sebastian Catana un interprete senz'altro soddisfacente. Non è esattamente quello che preferiamo – cioè un ipocrita glaciale, dal canto a fior di labbro – poiché preferisce metterne avanti la ferina brutalità; ma la colonna di fiato spicca per prodigalità, e la recitazione – aconti fatti - risulta comunque trascinante. Efficiente il comprimariato: Matteo Ferrara (perfetto Sagrestano), Cristian Saitta (Angelotti), Cristiano Olivieri (ottimo Spoletta), Armando Gabba (Sciarrone).
Sagaci colpi di pennello sulla partitura
Sul podio presiede Daniele Rustioni, e tutto fila dovere. Concertazione precisa ed equilibrata, dall'andamento dinamico e molto teatrale, con una ricca tavolozza di colori; satura di nerbo e di passione, ma senza clangori lussureggianti; ed attenta a scovare e rendere con saggia dosatura ogni sfumatura strumentale, ogni impasto timbrico, conquistando all'Orchestra della Fenice un risultato di alto livello. Positive le prestazioni del Coro e dei Piccoli Cantori Veneziani.