Prosa
ARTEMISIA, CATERINA, IPAZIA… E LE ALTRE

Laura Curino, le donne, l'arte e il coraggio

Laura Curino
Laura Curino © Gugliermo Verrienti

Laura Curino e la magia del racconto, le sfumature dei colori di un quadro e la sua riproduzione virtuale, il mondo femminile e la sue profondità, la realtà sotto la lente dell'ironia sono protagonisti dello spettacolo Armisia, Caterina, Ipazia e... le altre, in scena dopo una tournée bloccata dal covid. 

Un viaggio nel mondo femminile, in cui “sembra di raccontare sempre la stessa storia” quella di un mondo abusato, bistrattato, costretto ma capace di grandi passioni e slanci. Un mondo che non 'cede di un passo' e, nelle sfumature, rivela il suo volto nel coraggio. 

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Laura Curino in questo caso è interprete e autrice della drammaturgia finale di un progetto di scrittura collettiva, legato alle donne e all'arte guidato da Patrizia Monaco con la supervisione della regista Consuelo Barilari, che ha riguardato figure femminili partendo da Artemisia Gentileschi, Caterina d’Alessandria, Giovanna d’Arco, Ipazia, Lucrezia, Susanna e i Vecchioni, Giuditta.

Donne che non fanno un passo indietro

Si tratta di storie di personaggi uniti dall'essere donna, dall'essere martire, dall'essere in qualche modo figure eccezionali. Donne, che hanno un punto in comune: la capacità di “non fare un passo indietro” nel processo di un’identità che rivela la propria determinazione, il proprio valore.  Donne dell’arte, donne della cultura, donne di fede, donne che hanno lasciato il segno le cui tracce si trovano nel mondo figurativo tra cinque e seicento.


Laura Curino, come suo solito, da buona affabulatrice qual è, si muove sul palco intrecciando il suo racconto alla musica e anche a balli sfrenati se vuole, manipolando e guidando la parola che diventa corpo di personaggi diversi. Un viaggio che attraversa sfumature espressive diverse non mancando mai di passare dal tono ironico al serio, dal dato storico-scientifico al racconto commovente e umano. Ogni parola e storia hanno un impatto con il pubblico, sempre presente in questa costruzione dello spettacolo, provando a lasciare un segno, in nome del racconto – memoria. 

Di particolare impatto ironico la descrizione de La scuola di Atene di Raffaello come una ‘sfilata di moda’ di personaggi maschili, di cui descrive nel dialogo con le immagini i dettagli proprio come se fosse su una passerella.

Materia, parola, corpo, immagine

L’altro punto essenziale dello spettacolo è nel racconto teatrale di immagini pittoriche e di artisti. L’arte pittorica, diventa parola per tornare immagine, si fa corpo per tornare etereo e simbolico sguardo. Lo spettacolo non è solo costruito da parole che rimandano alla fisicità della materia pittorica ma si incrocia con le immagini, quelle proiettate sui teli in scena. 

Uno spettacolo multimediale – realizzato nell'impianto scenico di Federico Valente,  con la videografica di Sara Monteverde, il video mapping di Gianluca De Pasquale-  come attraversamento e uso dei nuovi segni, dei nuovi sistemi comunicativi che permettono il perfetto riecheggiare dello sguardo sulla materia del passato.


Sono tante le immagini pittoriche che scorrono, appaiono vibrano, si frammentano e si alternano nella narrazione come le opere di Artemisia Gentileschi o opere dei maestri che Artemisia evoca. Ma accanto alla storia di un dipinto che si fa parola e corpo, accanto al dipinto che viene reso bidimensionale immagine, accade pure che il gesto fisico dell'attrice si smaterializzi in luce e torni magicamente, tra scenografie e luci, a rifarsi immagine pittorica. 

Visto il 06-07-2021